Caratteristiche delle famiglie narcisiste: genitori dei nostri genitori

Stephanie Donaldson-Pressman, Robert M. Pressman
Narciso e Eco. Il Sistema Narcisista Originale
Il Modello della Famiglia Narcisista – Capitolo II
La Famiglia Narcisista – Diagnosi e Trattamento
Editore: Jossey-Bass

Trad. Ital. C.L.Dias

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All’interno di una famiglia narcisista le necessità del sistema genitoriale sono immense. Sia quando la famiglia è composta da due genitori, da un parente consanguineo e da un patrigno o matrigna, da una madre o padre single, da un parente diretto single con il fidanzato o fidanzata, da un padre o madre single con altri parenti, da genitori adottivi, nonni o qualsiasi altra configurazione immaginabile, la capacità del sistema genitoriale – o più specificamente, la sua incapacità – di occuparsi dei bisogni del bambino o dei bambini è un fattore decisivo nella famiglia narcisista. Nel Capitolo Uno parliamo di due categorie di famiglie narcisiste: aperta o velata.  Siccome tutte le famiglie narcisiste rientrano in una di queste due categorie, apriamo la nostra discussione sviscerando la prima.

FAMIGLIE APERTAMENTE NARCISISTE

Queste famiglie sono relativamente facili da riconoscere dal terapeuta, sono le classiche famiglie disfunzionali caratterizzate da un sistema genitoriale intriso da alcolismo o tossicodipendenza, abusi fisici o sessuali, crimini, evidenti infermità mentali (con antecedenti di ricovero in strutture sanitarie o depressioni inibitorie, per esempio), e/o negligenze estreme. (Per una discussione più dettagliata sulle implicazioni nel trattamento degli adulti cresciuti in famiglie traumaticamente abusive, andate al Capitolo 8).

In queste famiglie il sistema genitoriale si concentra su se stesso in modo talmente viscerale da trovarsi in difficoltà quando si tratta di realizzare le necessità basiche (alimentazione, vestiti, casa e sicurezza). I bambini cresciuti in famiglie apertamente narcisiste diventano reattivi/riflessivi molto presto – spesso sin dalla prima infanzia, oppure quando vengono stabilite regole profondamente disfunzionali all’interno del sistema genitoriale.

Il segreto famigliare

Forse la caratteristica più marcata in queste famiglie sia il clima di segreto familiare. Per riuscire a soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei genitori, il bambino nasconde l’abuso e/o disguido agli altri, a volte anche ai suoi stessi fratelli. Anziché unirsi e appoggiarsi, i bambini di queste famiglie s’isolano tra loro. Il “segreto” è troppo terrificante perché sia discusso, anche tra fratelli.

Arrivati in terapia, gli adulti delle famiglie apertamente narcisiste avranno, certe volte, pochi ricordi della loro infanzia. Risposte come quelle sotto riportate sono comuni quando queste persone sono invitate a pensare alle loro famiglie di origine:

“Realmente non mi ricordo molto. Era una famiglia nella norma, credo. Voglio dire, ci punivano quando facevamo qualcosa che non andava: papà ci picchiava con la cintura. Noi, però, lo meritavamo”. Questo è stato il commento di Ben fatto all’inizio della terapia. Ben era crudelmente picchiato con regolarità dal padre dalla più tenera infanzia fino alla metà della sua adolescenza, giusto quando diventò più alto e forte del genitore. Tuttavia, gli abusi emotivi da entrambi i genitori sono stati più prolungati, inoltre, sono stati ugualmente o più distruttivi dagli abusi fisici.

Mio padre era piuttosto un bastardo. Tuttavia, i danni nei miei confronti sono stati minori; i miei fratelli hanno subito molto di più. Mia madre era realmente meravigliosa; da sempre è la mia miglior amica. Abbiamo vissuto momenti veramente belli. In realtà, ricordo solo questo”. Ecco la dichiarazione fatta da Eileen all’inizio della terapia. Il padre alcolizzato era abituato a picchiare tutti i bambini mentre la madre si limitava a osservare. Il padre era verbalmente abusivo soprattutto con Eileen, la sceglieva per i castighi più sadici, come sparare al suo cane mentre lei dormiva per poi mettere il guinzaglio accanto al suo cuscino. Quando Eileen cercava di parlare con la madre sulle botte inferte al fratello minore e che rischiavano di finire in tragedia, sua madre avvertiva “Potrai unicamente peggiorare le cose”. E così, quando Eileen cercò di chiamare la polizia durante un incidente con il padre, è stata sua madre scollegare il telefono.

“Non ci sono motivi per parlare della mia infanzia. È stata perfettamente normale. In effetti, non riesco a ricordarmi di niente; è terribile, no? Però, sono stati bei tempi”. Questa è stata la dichiarazione di Kristen, anche lei all’inizio della terapia. Suo padre faceva la guardia giurata, era continuamente assente e quando era a casa si ubriacava sempre. Sua madre era cronicamente depressa e si faceva ricoverare negli istituti sanitari per lunghi periodi, durante i quali Kristen – l’unica femmina di quattro fratelli maschi – si assumeva la responsabilità dei compiti domestici, della preparazione dei pasti e della cura del fratello minore (nato quando lei aveva dieci anni). Questo sistema continuò fino ai diciannove anni, quando decise di abbandonare la casa .

“Ero ciò che si può definire una bambina cattiva”, disse coraggiosamente Eleanor, cercando di non piangere ma, allo stesso tempo, sopraffatta ovviamente per la vergogna di aver dovuto ammettere il suo senso di “malvagità” al terapeuta. “Non so come i miei poveri genitori hanno potuto sopportarmi. Io ero un caso particolare, lo dico sul serio! Dobbiamo realmente ripassare tutto ciò? La verità è che non ho molti ricordi. In ogni caso, sono qui per trattare i miei attacchi d’ansia, non la mia infanzia! Il passato è passato”. La madre disturbata la pestava periodicamente durante l’adolescenza e costantemente la accusava, da quando aveva dieci anni, di essere promiscua, la chiamava “prostituta” o “puttana” paragonandola alle sorelle, molto più “buone”. In realtà, Eleanor era una giovane con dei valori altamente morali, tanto che restò vergine fino a sposarsi, all’età di diciannove anni.

Il termine apertamente narcisista si applica di accordo con la percezione del terapeuta e non del paziente. Un paziente che riconosca la realtà della sua educazione è l’eccezione, non la regola. Il tipico adulto proveniente da una famiglia narcisista è pieno di una rabbia non riconosciuta, si sente vuoto, spiazzato e stupido, soffre periodicamente di attacchi di ansia e di depressione, ma non ha idea di com’è arrivato a questo punto.

La tensione e la paura dell’abbandono

La tensione è una caratteristica della famiglia apertamente narcisista. Tutti i bambini cercano disperatamente di chiamare l’attenzione dei genitori, di ottenere loro approvazione e/o trattano di evitare qualsiasi scontro che potrebbe peggiorare le cose, lottano per avere un po’ di controllo sulla situazione nella speranza di migliorarla. La paura dell’abbandono nei bambini li porta a prendere misure estreme negando – agli altri e sistematicamente a loro stessi – la realtà della situazione dentro casa. Questa paura si trascina con frequenza fino all’età adulta, tornando difficile e dolorosa la presa di coscienza sull’origine della famiglia nel corso della terapia.

LE FAMIGLIE VELATAMENTE NARCISISTE

Sono famiglie più difficili da riconoscere giacché i comportamenti disfunzionali dei genitori sono più subdoli. Ricordiamo molti di questi casi confrontato lo storico familiare apparentemente normale di molti pazienti. In questi casi, cercavamo un comportamento abusivo che combaciasse con i sintomi del paziente, eravamo certi della presenza di qualche abuso che, invece, era assente. Durante una riunione con un gruppo di lavoro che trattava un caso in particolare, un collega prese a dettagliare con precisione un caso difficile. Subito dopo, pieno di frustrazione, dichiarò “Chi è l’alcolizzato? Io so che qualcuno in questa famiglia ha qualche problema con l’alcol!”, ma nessuno lo aveva.

Il problema si poneva sul fatto che il paziente manifestava tutti i sintomi che di solito associamo a una famiglia con problemi di alcolismo, ma senza alcuna evidenza di abuso di alcolici o droghe; in effetti, non c’erano evidenze di alcun tipo di abuso familiare. Esattamente come il Re de Siam disse ad Anna, “Questo è un enigma!”.

La soluzione a questo enigma molte volte la troviamo nel fatto che il paziente proviene da una famiglia velatamente narcisista. In poche parole, queste famiglie appaiono normali dall’esterno e fantastiche dall’interno. Infatti, i sopravvissuti a questo tipo di famiglia sono molto sconcertati quando suggeriamo che qualche problema manifestato potrebbe provenire dalla loro famiglia di origine. Pensano che dopotutto, nessuno assumeva o consumava droghe, nessuno malmenava nessuno, nessuno aveva un’infermità mentale severa, ecc. Il papà poteva essere il tipo che faceva un turno di otto ore mentre, la mamma, la casalinga che amava fare i biscotti per l’oratorio dei genitori. Semplicemente non c’erano problemi evidenti.

Tuttavia, a volte diventa chiaro nel corso della terapia che i bisogni dei genitori erano stati il fulcro della loro famiglia e che, in qualche modo, i genitori si aspettavano che i bambini realizzassero i loro sogni. Ovviamente, se ai bambini è attribuito il compito di soddisfare i bisogni genitoriali, vuol dire che le loro necessità non saranno soddisfate, e nemmeno impareranno a esprimere quali sono i loro bisogni nel modo appropriato. In questo tipo di famiglia accade il contrario: i bambini imparano a mascherare i loro sentimenti, pretendono di sentire ciò che non sentono, e cominciano a evitare di sperimentare sentimenti reali. Becky, del Capitolo Uno, è un esempio[1].

La storia di Brad.

“Non faremo molti progressi se dobbiamo parlare della mia famiglia; la mia famiglia inventò la parola normale riferendosi a se stessa”, disse Brad, un manager virile e attraente di 31 anni. Brad arrivò in terapia per l’incapacità di rapportarsi con le donne. Brad era un uomo d’affari di successo dotato di fiducia ed entusiasmo contagiosi; la sua bassa autostima era effettivamente mascherata nel mondo degli affari. Dedicava la maggior parte del suo tempo al suo lavoro, condizione che influenzò positivamente la sua ascesa veloce nei vertici corporativi, anche se negativamente nei rapporti sentimentali. La dedizione al lavoro che inizialmente costituiva una difesa contro i suoi pessimi rapporti sentimentali, ora era diventata un problema per stabilire un rapporto di coppia.

Brad proveniva da una tipica famiglia narcisista velata. I suoi genitori erano insegnanti e molto attivi nella comunità. Brad e sua sorella erano studenti modello, atleti talentuosi e musicisti, molto popolari tra i loro compagni di scuola. I loro genitori erano a casa quando i figli erano a casa, la famiglia mangiava insieme 6 giorni a settimana, nessuno aveva un debole per gli alcolici, ne consumava droghe, fumava, insultava o picchiava qualcuno. Erano assolutamente normali dentro e fuori.

“Mi chiedevo perché ero così spaventato, perché mi sentivo spiazzato”, disse Brad. “Osservavo le famiglie degli altri bambini, cioè, le osservavo davvero. La nostra non era diversa. Era normale. Voglio dire,  i miei genitori avevano le loro liti, o qualcosa del genere. Tuttavia niente di eccessivo. Da noi, in realtà, accadeva il contrario. Nessuno dei due ci permetteva di parlare male dell’altro! Mamma arrivava a essere molto autoritaria e critica a riguardo. Era, però, una famiglia amorevole, dicevano sempre che la cosa più importante era la famiglia. Tutto andava bene. È ciò che suppongo io. Purtroppo c’è qualcosa dentro di me; per esempio, faccio fatica ad andare da loro. Anche a loro sembra non importare più di tanto.”

Quando abbiamo domandato se i suoi genitori avevano qualche volta cercato di parlare con lui dei suoi sentimenti, la risposta è stata: “No, non me lo ricordo. Nessuno parlava di sentimenti. Semplicemente sapevamo ciò che dovevamo fare. Se non lo facevamo, erano guai. Forse hanno parlato di sentimenti con Betsy (sua sorella); in realtà, era lei la buona.”

La sorella di Brad, più piccola di circa due anni e mezzo, era musicista professionista. Anche se erano stati molto uniti da bambini, i suoi lavori l’avevano portata sempre altrove, provocando un’erosione nel loro rapporto. Nel corso della terapia Brad  è stato motivato a ristabilire il contatto con sua sorella per verificare quali fossero le sue impressioni sulla loro educazione. È rimasto molto colpito quando seppe che la sorella provava dei sentimenti molto simili ai suoi, rispetto alla loro infanzia. Inoltre, le sue percezioni erano ancora più forti. Le parole seguenti sono un piccolo pezzo di una lettera nella quale la sorella confidava: “Ho sempre avvertito che mamma e papà avessero altri piani…Erano talmente coinvolti da loro stessi che di noi nessuno s’importava…Erano ossessivi e gelosi tra loro, sessualmente parlando. Ricordo di non aver mai parlato di sentimenti quando ho avuto bisogno di confidarmi. Era come se la tensione emotiva tra loro due fosse talmente forte da non sopportare di vederci andare oltre il nostro ruolo di bambini speciali, da copertina di rivista. A casa la tensione era costante. Non vedevo l’ora di finire il college per andarmene via lontano, all’università.”

Quando Brad ricevette la lettera di sua sorella, è riuscito a vedere la sua famiglia con altri occhi, vide che le sue percezioni erano corrette. Anche senza sapere bene il perché, era d’accordo sul fatto che le cose andavano bene in casa a patto che loro due bambini non avessero pretese emotive da esprimere ai genitori. Il clima, infatti, era sempre molto teso. Disse di aver imparato a “rappresentare di essere sempre felice”. Brad e sua sorella avevano imparato a soddisfare i bisogni dei loro genitori senza mai chiedere un sostegno emotivo. In poche parole, venivano da una famiglia velatamente narcisista.

Più avanti in questo capitolo racconteremo la storia di Trisha. Sua famiglia di origine era un altro esempio di famiglia con queste caratteristiche ben dissimulate. Non c’era stato abuso sessuale o fisico, tutti i bisogni fisici di Trisha erano stati soddisfatti, lei non era stata esposta all’uso abusivo di droghe, alcol, sesso o violenza. La “danza” genitoriale semplicemente non includeva Trisha. All’età di sette anni lei non è stata più in grado di soddisfare i bisogni dei suoi genitori che, in cambio, divennero reticenti nel soddisfare le sue.

Una questione di gradi

Apertamente o velatamente, il grado di disfunzionalità di una famiglia non solo varia in senso assoluto, ma anche in relazione ad ogni singolo bambino all’interno della famiglia. I pazienti arrivano da famiglie molto variabili, che vanno dalle “normali” alle veramente particolari. Inoltre, anche nei casi più particolari può accadere che le necessità e i sentimenti dei bambini siano stati rispettati in qualche momento e che i loro genitori abbiano fatto il possibile per soddisfarli. Pertanto, anche dopo aver sofferto per qualche instabilità o confusione passeggera, i bambini avranno un’idea positiva su loro stessi e sulla loro importanza. Sapranno che i loro sentimenti hanno un valore e che sono stati accuditi nel modo migliore dai loro genitori.
Al contrario, tutti noi abbiamo avuto pazienti provenienti da famiglie alcolizzate (o colpita da qualche altra problematica tipicamente riscontrata in famiglie disfunzionali) ma che, tuttavia, si sono trasformati in adulti sorprendentemente coerenti, persone che avevano le idee chiare su chi erano, con compagni di vita adeguati, diventati bravi genitori e educatori, capaci di conservare le amicizie e di avere carriere soddisfacenti. Non è raro che nelle famiglie con un certo grado di disfunzionalità un bambino si comporti molto bene mentre gli altri fratelli siano psicologicamente difficili. Perché uno dei bambini sembra scappare relativamente illeso? Possiamo ipotizzare che questo bambino abbia avuto i suoi bisogni rispettati in un grado maggiore rispetto ai suoi fratelli o sorelle.

Sappiamo che nessun bambino cresce esattamente uguale all’altro in uno stesso ambiente; i genitori rispondono in modo distinto a ogni figlio, assecondano tanto la loro stessa personalità quanto quella del bambino. Ecco perché possiamo trovare magari un bambino con lo stesso eccentrico senso dell’umorismo della madre, con un fratellino che potrebbe condividere con il padre l’amore per la pesca mentre un altro, il terzo, si riveli molto più affettuoso dei primi.

Il modo come questi genitori si rapportano con i loro tre figli può variare proprio perché i bambini sono diversi tra loro, e anche perché i sentimenti dei genitori (soprattutto i loro sentimenti) variano nelle diverse interazioni. Per questo è possibile che in una famiglia un bambino o bambina riesca a nascondere i suoi bisogni emotivi di modo molto più consistente laddove gli altri non sono riusciti.

Un paziente che aveva cambiato il terapeuta (a causa di uno spostamento geografico) commentò che il suo terapeuta anteriore gli aveva detto in più di un’occasione, “Capisco perché le tue sorelle sono diventate ciò che sono (alcolizzate, con dei mariti alcolizzati); ciò che non capisco è come tu sei riuscito a uscirne indenne!”

La risposta è che nonostante il paziente e le sue sorelle siano nati in una famiglia apertamente narcisista, il grado in cui i loro bisogni sono stati repressi ha variato enormemente.

Problemi con la fiducia

Abbiamo trovato nella maggioranza delle famiglie narcisiste caratteristiche che ci portano a osservarle da un’altra angolatura e che ci permettono di identificare alcune valide chiavi di lettura nella dinamica delle sue interazioni. La fiducia e lo sviluppo della diffidenza, sono gli elementi più evidenti sui quali lavorare.
Abbiamo riscontrato che i sopravvissuti delle famiglie narcisiste hanno difficoltà a fidarsi, ma non necessariamente perché le loro necessità primarie sono state disattese durante l’infanzia. Al contrario, molti sopravvissuti di famiglie velatamente narcisiste si presentano molto curati, tanto fisicamente quanto psicologicamente, inoltre, dai primi dodici a ventiquattro mesi di vita (anche di più, in certi casi) si è potuto stabilire un livello rudimentale di fiducia.

Come discusso nel Capitolo I, i problemi delle famiglie narcisiste spesso cominciano quando il bambino prova ad affermare se stesso e a fare richieste emotive al sistema genitoriale. Il sistema potrebbe essere francamente incapace di rispondere a queste richieste, e potrebbe risentirsi o considerarsi minacciato. Come detto in precedenza, anziché imparare a non fidarsi mai, il bambino impara piuttosto bene a non fidarsi, oppure perde la fiducia piano piano.

La storia di Trisha.

Il padre di Trisha era un ufficiale militare con diverse onorificenze e sua madre la sposa efficiente e devota di un militare. Ricordando la sua infanzia Trisha definisce la sua famiglia come “perfetta”. Era la famiglia perfetta. “Papà era un bell’ufficiale navale, mamma la bella ed elegante sposa, ed io la bimba adorabile. La vita era un’interminabile successione di tea parties in giardino, in cui ero in primo piano. Mi portavano dappertutto insieme con loro. La gente diceva sempre che ero “come una piccola bambola”. Ho pensato che tutta la mia vita sarebbe stata così – tutto affetto e lode e risate. Quando ci penso, mi vien voglia di piangere; era tutto meraviglioso. Mai più tornai a sentirmi tanto amata.”

Però, quando Trisha cominciò a crescere, la situazione cambiò. “Ricordo di avvertirlo quando avevo circa sette anni. Mi sono svegliata in preda al panico. Andai in bagno e mi guardai allo specchio. Ho cercato di scoprire cosa era cambiata in me – cos’è che non andava. Che cosa avevo fatto perché i miei genitori non mi volessero più bene? Ho pianto e pianto. Non riuscivo a comprendere. Il giorno dopo, ho deciso che era per via della mia altezza (sua madre era bassina, con una figura ‘perfetta’), e così ho deciso di non mangiare più. Mio padre era partito per il Vietnam nel frattempo, cosicché eravamo solo noi due a casa, mia madre ed io. Mia madre non si rese conto che io non mangiavo, e tanto meno cambiò i suoi comportamenti nei miei confronti. Lei era sempre occupata, sempre. Vivevamo nella Virginia per stare vicine ai miei nonni. L’ambiente era molto socievole e Mamma lo sfruttava molto. Quando ricevevamo delle visite a casa, mia madre mi vestiva e mi diceva cosa dovevo dire. Non sembrava mai contenta di me, a lei non importava il mio impegno per sembrare più bella. I miei genitori dicevano sempre che ero “tanto bella, tanto adorabile”, e così mettevo ancora più impegno nel fare ciò che, in realtà, avevo sempre fatto. Mia madre diceva unicamente “Comportati come la tua età, Trisha!” oppure altri commenti che dimostravano il suo sdegno. Mi spediva in camera quando arrivavano le visite, era la domestica a restare con me. Sentivo di dar fastidio a mia madre, credevo di essere brutta.

“Quando papà tornò a casa, pensai che tutto sarebbe tornato come prima, purtroppo non è andata così. Improvvisamente, lui sembrava molto arrabbiato anche con me. È stato lui a dire a mamma che sembravo malata, di modo che lei mi portò da un dottore che prescrisse alcune medicine. Dovevo prendere una specie di sciroppo tre volte al giorno. Papà mi scrisse alla ginnastica per “tenermi in forma”, e mamma si arrabbiava molto con me quando non mangiavo. Lei voleva compiacere a papà, credo. Ho ricominciato a mangiare; avevo capito che patire la fame non sarebbe servito a niente e che, purtroppo, avrei continuato a crescere. Anche se ero debole. Qualche volta sembrava che mi volessero bene come prima, che ancora fossero mia madre e mio padre, che io fossi la “stessa” di prima…”

Arrivati a questo punto, gli occhi di Trisha si riempiono di lacrime. “Comunque, è stato in questo momento che ho cominciato a strapparmi le ciglia… Quando mi sono fatta grande, strafacevo in tutto. Facevo tutto l’occorrente per chiamare la loro l’attenzione, volevo una briciola di attenzione. Non m’importava. Io allora ero una bella ragazza e loro non s’importavano più se restavo nelle loro feste. Ma non potevo fidarmi. Anche se pretendevo la loro approvazione – e la necessitavo disperatamente – ero spaventata. L’avevo avuta una volta, ma poi l’avevo persa. Cosicché ho fatto molte cose per ferirli, per farli vergognare. Sono diventata molto promiscua, seducevo i giovani ufficiali che erano sotto il comando di mio padre. Volevo dire a loro due “Guardatemi! Provate fastidio!” credo. Non mi sono mai fidata di nessuno. Specialmente di me stessa”.

Mentre passava dall’adolescenza all’età adulta, le sue difficoltà con la fiducia la portarono ad avere molti rapporti e condotte comportamentali dannose. Aveva una travolgente necessità di attenzione e di approvazione maschile ma, quando le otteneva, si spaventava molto e provocava la fine del rapporto. Odiava e non si fidava delle donne, non aveva amiche. (Il tema iniziale della sua terapia è stato la sua capacità di lavorare con una terapeuta donna). Aveva scoperto una forma di auto-mutilazione che gli dava piacere nella sua tarda adolescenza (strapparsi i peli della faccia con delle pinzette) e, nonostante le difficoltà esteticamente presentate, ha mantenuto questo comportamento fino a convertirlo in una compulsione profondamente radicata.

Osserviamo nel caso di Trisha diversi fattori. La storia della sua famiglia di origine, senz’altro, è un buon esempio di famiglia narcisista nella quale la bambina inizialmente rispetta le attese dei suoi genitori e, in contrapartita, anche le sue sono rispettate. Vide “Il modello genitoriale invertito”, abbasso descritto). Era una bella cosa per la carriera del padre, che era anche quella della madre, l’apparenza di una giovane coppia con una bella bambina. Quando la bambina cominciò a crescere, diventando più alta e goffa, richiedendo la loro attenzione, e con un’agenda propria da seguire, ha smesso di essere vista positivamente dai genitori. Mentre le necessità fisiche di Trisha erano soddisfate da una serie di domestiche, le sue necessità emotive erano state abbandonate. Sua madre diventò sempre più crudele e verbalmente abusiva mentre suo padre alternava freddezza/distanza e affettuosità/seduzione.

Trisha raccontò che in alcuni momenti i suoi avvertivano la necessità di fare i “genitori” e improvvisamente e inspiegabilmente la sommergevano di attenzione e di affetto. Questo scatto affettivo intermittente e imprevedibile è comune nelle famiglie narcisiste: mantengono i bambini “agganciati” al sistema genitoriale di modo che i piccoli abbiano la speranza di essere in grado di provocare la ripetizione di questo comportamento e, allo stesso tempo, rendono i figli più diffidenti di loro stessi (perché i bambini alla fine si rendono conto della propria incapacità di provocare successive interazioni positive) e degli altri (“loro mi prendono e subito mi lasciano, dunque non lascerò che mi prendano più”).

Il modello genitoriale invertito

Quando il bambino cresce, l’identità dei genitori si sviluppa di pari passo al suo, di sviluppo. (5) Simultaneamente, nella misura in cui i bisogni del bambino diventano più complessi e meglio articolati, il sistema genitoriale potrebbe cominciare a erodersi. Un bambino irritante che chiede attenzione in un momento inopportuno può, dopotutto, essere messo nella sua culla e rinchiuso nella camera fino a calmarsi. Un bambino irascibile e piagnucolante di nove anni è totalmente diverso.

Il sistema familiare narcisista si sviluppa per davvero quando le necessità psicologiche del bambino cominciano a imporsi nella vita di coppia. Il sistema genitoriale diventa incapace di rispettare i bisogni del bambino e lui, per riuscire a sopravvivere, si vede costretto ad adattarsi. Il processo di inversione ha inizio quando la responsabilità di rispettare i bisogni altrui si sposta gradualmente dal genitore al figlio. Mentre nell’infanzia i genitori avevano provveduto alle necessità del bambino, adesso tocca al bambino provare sempre di più a provvedere ai bisogni dei suoi genitori. Solo così può ottenere l’attenzione, l’accettazione e l’approvazione di cui ha bisogno.

Nell’infanzia, lo sviluppo normale del bambino è spesso molto gratificante per i genitori, ecco perché a loro volta tendono a gratificarlo. Per esempio, i sorrisi del bambino (persino i suoi ruttini) rappresentano abitualmente una fonte di piacere per i genitori e vengono ricevuti con eccitazione, attenzione e affetto. Il mangiare, gattonare, muoversi, far rumore e provare a parlare sono gratificanti e, in cambio, gratificati. I bisogni dei genitori e del bambino sono in sintonia; pertanto non ci sono problemi.

Lo sviluppo normale del piccolo, tuttavia, può rappresentare una minaccia per i genitori. Il bambino ha voglia di esplorare, il che richiede vigilanza e pazienza; le sue urla, come “No!” oppure “Mio!”, possono essere esasperanti e sconcertanti. Le domande e le richieste di attenzione in età prescolastica possono essere invadenti e consumare del tempo in spiegazioni. Inoltre, i bisogni dei bambini – specialmente gli emotivi – aumentano nella stessa proporzione che la sua dolcezza diminuisce. Nello sviluppo di un bambino normale è prevedibile che la necessità di compiacere se stesso e i suoi amici possa tendenzialmente aumentare, mentre la necessità di compiacere ai genitori subisce un calo.

Una famiglia sana non cambia un concetto tanto elementare quanto la responsabilità genitoriale in nessuna circostanza, anche quando questo fatto naturale possa dimostrarsi fastidioso; il compito dei genitori è soddisfare i bisogni della prole, non il contrario. In una famiglia narcisista, invece, quando aumenta la necessità di differenziazione e soddisfazione dei bisogni emotivi del piccolo – come conseguenza di un normale sviluppo – i genitori cominciano a vedere il piccolo come un ostacolo, come un bambino egoista e altro. I genitori, sentendosi minacciati, tengono il punto sulla loro posizione affinché il bambino, più controllato, realizzi i loro bisogni.  In qualche punto tra l’infanzia e l’adolescenza, questi genitori hanno perso il baricentro (sempre che l’abbiano avuto) smettendo di vedere il bambino come un essere indipendente, con dei sentimenti e bisogni da comprendere e convalidare.

Dal canto suo, il bambino diventa un’estensione dei genitori. La crescita emotiva normale è vista come egoista o sbagliata, e questo è ciò che i genitori riversano sul figlio. Perché il bambino ottenga la loro approvazione, deve imparare a soddisfare i bisogni espressi o suggeriti dai genitori; l’approvazione è condizionata al soddisfacimento dei bisogni del sistema genitoriale, da parte del bambino.

La storia di Lynne. 

 Lynne era una studentessa che aveva finito con lode il liceo, ora era al secondo anno di specialistica. Si trattava di una probabile candidata a fare il discorso alla cerimonia di Laurea (perché aveva i voti più alti) ed era pronta a ricevere svariate offerte di borsa di studio per continuare brillantemente la sua vita accademica. Nonostante fosse una studentessa eccellente e coscienziosa, i suoi professori hanno cominciato a preoccuparsi per le assenze sempre più frequenti, ritardi, cambi di umore e l’apparenza sempre più trascurata. Lynne tanto poteva essere attenta, ben curata, rispettare l’orario un giorno quanto, subito dopo, arrivare un’ora più tardi, spettinata e con lo sguardo assente.  Pareva subire continui sbalzi di peso, anche se era difficile distinguerlo dagli abiti larghi e di colori scuri che indossava. Anche le sue amiche più care erano oramai preoccupate, e confessarono al consigliere scolastico che i cambiamenti di umore e gli scatti d’ira di Lynne avevano finito per isolarla della maggioranza degli amici. Quando Lynne è stata convocata dal consigliere scolastico, ha negato di avere dei problemi. Poiché la madre di Lynne era impiegata nello stesso distretto scolastico, il consigliere intuì che la ragazza avesse paura di discutere apertamente i suoi problemi per lealtà verso la madre, cosicché hanno sollecitato un’assistenza terapeutica privata.

Quando Lynne iniziò la terapia, la sua determinazione di presentarsi come una  persona adulta matura e “responsabile delle cose” è stata subito chiara alla terapeuta. Dopo poche sedute, sostanzialmente, questa facciata crollò. Lynne era un adolescente disperatamente infelice proveniente da una famiglia narcisista, ma la sua lealtà e responsabilità verso la madre era tale da essere estremamente doloroso fidarsi di qualcuno, un terapeuta incluso.

I genitori di Lynne erano divorziati da quando lei aveva otto anni e sua sorella cinque. I ricordi della prima infanzia erano scarsi. Ricordava suo padre molto passivo, gentile con lei, ma che si lasciava andare nelle liti in cui urlava contro sua madre. La madre allora si affidava a Lynne per la ricerca di consolazione. La sua esperienza personale con suo padre era enormemente diversa dall’immagine negativa che sua madre aveva dipinto, un’immagine confusa e inquietante per Lynne. E così, quando lei provava affetto per suo padre, “Mi sentivo male, colpevole, in qualche modo. Come se fossi sleale con mia madre.”

L’immagine che Lynne aveva di sua madre era di qualcuno costantemente bisognoso di appoggio. Ha descritto il ruolo della madre come “un’amica, più di una madre; ci raccontavamo tutto”. La madre di Lynne si vestiva e si comportava per certi versi come un adolescente; mantenendo lo stesso taglio di quando era adolescente (capelli molto lunghi e lisci), spesso indossava gli stessi abiti della figlia.

Dopo il divorzio, il ruolo di Lynne come confidente e supporto emotivo di sua madre si consolidò. Oltre a prendersi cura di sua madre, ora si assumeva anche la responsabilità della cura essenziale della sorella. Anche se non c’era niente di intrinsecamente male nel assumersi la responsabilità a casa, per far sì che la madre ritornasse a scuola, il carico emotivo di dover  costantemente tranquillizzare la mamma assicurandola di essere brava, responsabile, qualcuno che aveva fatto il possibile per mantenere unita la famiglia, con un fisico attraente e apparentemente giovane, perfettamente capace di prendersi cura di June (la figlia minore) e che era, inoltre, la sua miglior amica, assegnava a Lynne il ruolo di genitore di sua madre. Lynne aveva anche un tremendo bisogno di dimostrare di poter sopportare il peso di quel ruolo senza fare commenti o lamentarsi, voleva evitare che sua madre si sentisse in colpa. La ragazza aveva abbandonato le gite scolastiche per evitare che “Mamma reste sola” (June a volte passava i fine settimana con il padre; Lynne raramente lo faceva); inoltre evitava di avere rapporti affettivi quando sua madre non aveva un fidanzato ”per evitare che mamma ci rimanga male”.

All’inizio della terapia, Lynne era un’adolescente seriamente depressa. Amoreggiava con la bulimia e il suicidio. Era il suo infelice tentativo di avere un po’ di controllo sulla sua vita.

Il duro compito di fare da genitore alla propria madre si era rivelato troppo per lei.

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[1] Vide https://artedisalvarsi.wordpress.com/2015/10/01/la-famiglia-narcisista-le-dinamiche-abusive-invisibili-dei-genitori/

4 pensieri su “Caratteristiche delle famiglie narcisiste: genitori dei nostri genitori

  1. Ciao Claudia , e lettori.
    A fronte di questa ennesima lettura.
    Dove si trova una rubrica di terapeuti in italia ( magari geolocalizzabili)capaci veramente di comprendere queste dinamiche familiari e aiutare una persona ormai adulta ma ancora implicata in queste dinamiche distruttive parentali ( zie, zii, genitori, fratelli, nonni, newentry.., esuli)? esistono centri convenzionati per chi non può pagarsi un terapeuta ma ha davvero bisogno di un “protettore”o “sanificatore” mentale e relazionale se nato in queste dinamiche abusive compromettenti di tutto..?

    Grazie per ogni possibile dritta.

    Mi sembra evidente che nelòle dinamiche familiari il NOCONTACT non sia possibile per salvarsi… salvo sentirsi soli come un cane e impotenti… o incattivirsi disperatamente.

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