Se il cuore brama vendetta (l’errore numero tre)

Traduzione: Gabriella Maddaloni

Fonte: http://www.marietan.com/material_psicopatia/error3.htm

L’ERRORE NUMERO TRE

Hugo Marietán, febbraio 2008

Egregio Dr. Marietán, spero si ricordi di me, J., quello del caso della psicopatica donna (vedi l’art. cuesta abajo del blog marietan.com). Le sarei grato se avesse qualche consiglio da darmi.

Ѐ giunto il momento di riscattarsi. Ho bisogno di una “morte simbolica” di questa persona, che si renda conto che non sono morto e che non tutto passa impunito. Necessito di una battaglia che dimostri quanto sono forte, quanto lo ero, che inizio ad esserlo e che sappia che di me deve aver paura. Tra i miei oggetti personali ha tenuto con sé tutta la mia collezione di dischi e film (la mia vita e il mio sogno). Li rivoglio. Sono miei. C’è un passaggio preliminare: “farla morire” rendendosi conto che sono vivo e vegeto. Niente è gratis, e per quel che ho saputo a posteriori, sembra che nulla di ciò che è successo sia mai esistito. E non voglio fare come dicono molte persone: “Succede, la cosa migliore è che la dimentichi”. Hanno ragione, ma avendo recuperato un po’, allora, mi sentirò in pace con me stesso.

La cosa incredibile di tutto questo è che, avendo filtrato tutta la realtà sotto la sua influenza, sono arrivato a vedere gli altri come fossero dei giganti, e me stesso come un nano sottomesso e pauroso. Sono passato dal cantare davanti a 3000 persone (neanche fosse una passeggiata!) a non poter uscire di casa per la paura. Io non ero nulla, e sono molto più di quanto mai meritasse di conoscere in tutta la sua vita. NON MI VA GIÙ che se la cavi comodamente su tutto. NON MI VA GIÙ perché no, semplicemente. E voglio renderle le cose difficili, anche solo per un breve periodo. Conosco altre sue vittime, donne, uomini, che fanno tutte parte del mondo della musica. Voglio che mi veda con loro, voglio che sappia che, avendomi trattato come un imbecille, il suo agire male ha fallito. Con la sua onnipotenza mi ci pulisco il sedere. Devo essere molto abile, perché il tema del maltrattamento, il machismo in Spagna è diventato una paranoia, ragion per cui non posso avvicinarmi a lei personalmente, ma al suo entourage più stretto, sì. Alcuni dicono che si tratta di vendetta. Può essere, per me è lo stesso. Ѐ una questione di riscatto personale, di vederla come la miserabile che è, e non come sono giunto a vederla a un dato momento, ovvero come qualcosa di imbattibile. Mi piacerebbe sapere se persone così temono qualcosa, di essere scoperti, non so, qualcosa che Lei potesse indicarmi. Vorrei anche un parere, se Le sembra e se non Le rubo troppo tempo, quanto Le ho esposto qui: per me è vitale. La cosa peggiore che non Le ho raccontato non è stata solo la vita che ho trascorso con lei, ma la raffica di colpi subìti a tutti i livelli, come un albero caduto, che ho sofferto da parte di tantissime persone. Ho vissuto un inferno. La vecchia storia che dell’albero caduto si fa legna da ardere, non vi è niente di più vero. Se non fosse per mia madre, che poveretta si è accollata tutto il mio dolore, non sarei vivo. Inizio a riconoscermi, e se prima della relazione con quella maledetta figlia di puttana ero una persona molto disinvolta, ora credo di poterlo essere ancora di più, perché ho l’esperienza dalla mia parte. Un abbraccio, mi farebbe molto piacere ricevere Sue notizie, un’opinione dal Suo punto di vista. Sarebbe un dono immenso, per me. J.

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J.:

sei sul punto di cadere nell’errore numero tre nel quale di solito cadono i complementari. Il numero uno è l’intenzione di “curarlo”o aiutarlo a “superare” la sua psicopatia affinché “cambi”. Il numero due è ucciderlo, eliminarlo per sempre. E il numero tre è questo che illustri: la vendetta. Ce ne sono altri, ma analizzeremo questo qui.

La vendetta è un sentimento generato dalla presunzione che si sia commessa un’ingiustizia, qualcosa che non sarebbe dovuto succedere: un abuso. Colui che si considera una vittima si vendica. La vendetta si esercita verso la persona su cui si era depositata un’aspettativa che non ha soddisfatto, o ha soddisfatto male, qualcuno che ci ha deluso, ma soprattutto, qualcuno che ci ha fatto del male, per cui abbiamo sofferto a causa del suo agire ingiusto.

Adesso, la vendetta include il pensiero sul danno subìto, e su colui che ce lo ha procurato. Include anche tutte le elucubrazioni mentali per trovare un mezzo, un modo, un’occasione, una circostanza per portare a termine la vendetta. E a questo, aggiungiamoci tutto l’immaginario su come sarà il livello di danno su chi reputiamo il carnefice. La nostra mente continua a rimuginare su questo argomento più e più volte. Ricordiamo il fatto ingiusto, l’esecutore dell’atto, e le migliaia di possibilità di risarcimento. Come farlo, quando, dove? Immaginare l’effetto della nostra vendetta sull’altro, vedere virtualmente la sua sofferenza.

Potrei spiegarmi in maniera molto più estesa su questi aspetti, ma voglio solo rimarcare una cosa: pensare alla vendetta è pensare al carnefice. Ѐ tenerlo presente, rappresentarlo nella nostra mente, mantenerlo vivo, scongiurare l’oblio, lasciare che l’antica ferita continui a sanguinare, che tutto continui a farci del male, lasciare che il passato continui a dominare sul nostro presente e lo annulli, che impedisca di goderci il momento per consacrarlo al passato.

Il costo affettivo è altissimo: ci consuma. E tutto questo, riferito a una vendetta verso persone “normali”, forse “malvagie”, ma “normali”.

Adesso pensiamo allo psicopatico, a quando pensiamo di vendicarci di lui e, come nel caso di questa lettera, vogliamo vendicarci, in qualità di complementari, di quanto lo psicopatico ci ha fatto. A questo punto, coloro che hanno seguito i concetti di questa pagina, si renderanno immediatamente conto che ciò che lo psicopatico ci ha fatto è stato quel che noi gli abbiamo permesso, in veste di complementari, che ci facesse. Che il termine “vittima” non è adatto a questa relazione.

Entrambi, psicopatico e complementare, hanno collaborato affinché si producessero le azioni. “Ma lo psicopatico ha abusato”: è vero. “Lo psicopatico mi ha fatto soffrire”: è vero. “Mi ha trasformato in una preda”: è vero. Ma tutto questo è successo col favoreggiamento del complementare. “Ma io non ero cosciente del fatto che sarebbe arrivato a tanto”: è vero. “Ero come accecato quando succedevano queste cose”: è vero. “Quando mi sono reso conto, era già successo tutto”: è vero.

Però tu, complementare, eri lì e soffrivi quando lo psicopatico voleva lasciarti, e lo andavi a cercare, e lo perdonavi, e lui ripeteva il danno. E la relazione continuava. Ѐ questo il punto: non possiamo parlare qui di “vittima” nel senso stretto della parola.

L’altro punto è il seguente:

una volta riuscito a rompere il circuito psicopatico, che sia perché lo psicopatico abbandona il complementare, o perché il complementare lascia lo psicopatico per esaurimento, c’è da mettere in atto il trattamento per riuscire a far sì che il complementare non torni a cercare lo psicopatico e riannodi il circuito. E si dà inizio al NO CONTACT, innanzitutto eliminando tutta le percezione (vedere, sentire, toccare, odorare) relazionata allo psicopatico stesso (non mi prolungo su questo tema perché l’ho già affrontato in altri articoli).

In secondo luogo, bisogna educare il complementare sul tipo di relazione in cui era coinvolto. Applicare tutte le misure per rafforzare l’autostima, rompere l’isolamento, riarmare il sistema di reinserimento lavorativo e sociale.

Terzo punto, e per questo ci vuole più tempo, ottenere il NO CONTACT MENTALE, che implica l’eliminazione dello psicopatico dalla mente del complementare.

Ѐ risaputo, e questo lo ritroviamo scritto anche in altre ricerche, che il complementare cerca qualunque scusa per ricontattare lo psicopatico o per mantenerlo nella sua mente, e questa è la base per cui il complementare commette ERRORI. Il terzo di questi è appunto la VENDETTA, che significa pensare allo psicopatico, trattenerlo nella mente, continuare a girare intorno al “padrone”, continuare ad essere un complementare. Ed è, ovviamente, ROMPERE IL NO CONTACT, il fattore valido per sganciare il circuito psicopatico.

Tutti i giorni ascolto consultanti che GRIDANO vendetta contro lo psicopatico, che mi illustrano l’INGIUSTIZIA che egli ha commesso nei loro riguardi. Mi dicono perfino che è un DOVERE SOCIALE denunciare lo psicopatico affinché non danneggi altre persone.

Ѐ molto difficile per il terapeuta non sottrarsi allo scopo principale della terapia, che è il mantenimento del no contact. Lo è perché il terapeuta stesso, per empatia, vede l’ingiustizia, il danno, la depredazione del complementare: ce l’ha seduto di fronte a sé. Comprende l’ira, l’odio, il senso di violenza verso lo psicopatico.

Dobbiamo tuttavia capire che c’è in gioco molto, molto di più della soddisfazione della rivendicazione: si tratta del recupero di una persona, il complementare che ci consulta, del salvarlo dal circuito perverso, mantenendolo lontano dallo psicopatico. C’è in gioco il recupero del suo senso del valore come persona, il suo poter tornare all’interazione con persone “normali”.

Ѐ per questo che dobbiamo opporci alla vendetta che il complementare vuole implementare. Dobbiamo avvisarlo del suo auto-inganno, che è solo l’ennesima trappola del suo “animaletto” per tornare a interagire con lo psicopatico, questa volta sbandierando alta  la bandiera dell’ingiustizia.

La maggioranza dei lettori che leggeranno questa lettera così espressiva (sovraesposta) – soprattutto se leggeranno prima “Cuesta abajo: el complementario de la psicópata” – , saranno d’accordo sul fatto che bisogna vendicarsi di una tale figlia di puttana. E lo appoggeranno. Ma noi terapeuti non possiamo entrare in questo gioco: dobbiamo restare fermi e lottare con tutti i nostri mezzi per mantenere il no contact, recuperare il complementare ed evitare che cada nell’errore numero tre.

  Dott. Hugo Marietán, Buenos Aires, febbraio 2008

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Egregio Hugo, ahahahahah, la verità è che Lei mi lascia senza parole.

Voglio innanzitutto ringraziarLa per la Sua risposta, e per la celerità con cui lo ha fatto. A dire il vero, mi lascia un po’ perplesso. Pensavo fosse sintomatico del fatto che le cose iniziano a sistemarsi, e invece, eccoli là! – altri sintomi.

Poco fa ho ricevuto la telefonata di un amico che asseriva che la mia storia con la ex era finita nel nulla, che io mentivo sulle cose che raccontavo, che qui nel suo cerchio di amici e familiari che sono ai margini della sua vita quotidiana non è successo nulla. Mi è parso di vedere un film dell’orrore. Voglio dire: oltre ad essere il più grande cornuto in circolazione (cosa per cui non mi sembra tanto tragico il concetto di “maschio ferito”, quanto quello che suppone una viltà di tradimento da parte della persona di cui ti fidi), stando ad alcune persone a cui ho confidato quel che ho passato, la ragazza è talmente santa e incapace di fare del male da essere io quello che ha vissuto una fantasia.

Chissà, forse Lei ha ragione ad affermare che è meglio non avere alcun contatto. Ma i miei beni, tutte le mie cose? E soprattutto, il fatto che io figuri come bugiardo? Lei mi chiarisce le cose in maniera brutale, so che lo fa con le migliori intenzioni, ma io ho davvero l’impressione di essere un martire cristiano che guarda pieno d’estasi al martirio. Voglio dire: va bene che non conviene avere alcun contatto, ma…sebbene abbia partecipato incoscientemente, senza saperlo a livello conscio, devo prendermi la responsabilità anche delle umiliazioni e degli inganni? Perché Le garantisco che adesso è tutto diverso. Mi piacerebbe incontrarla faccia a faccia e vedere cosa dice.

In sintesi: farò quanto Lei mi dice. Ma un giorno sì che ci sarà un ritorno, e credo che fino a quel momento, qualcosa si sistemerà. Perché adesso NON sono nella stessa situazione di prima e sono consapevole di ogni cosa, ed è certo che anche questo lei lo sappia. Un giorno la incontrai in un luogo pubblico e non alzava gli occhi da terra. Non ci fu altro. Però ebbi conferma che lei sapesse perfettamente che avrei potuto “ucciderla” con ogni diritto in un attacco di rabbia.

E sia, contatto zero. Questo però significa che devo scappare da lei per tutta la vita? So che per lei è una vittoria che non mi avvicini ai posti che frequentavo, o che stia il più lontano possibile. Però, neanche mi sembra.

Forse Lei intende dire che l’effettiva cura sarebbe che io non facessi più alcuna supposizione, che usassi l’indifferenza assoluta. La vedo difficile, e non so fino a che punto sia sano. Ma se Lei crede così, bene, così sarà.

Almeno, però, mi dica che gli psicopatici finiscono per essere scoperti e ripudiati, che certamente alla fine ci sarà un po’ di giustizia per l’inerzia con cui ha commesso le sue carognate, mi consoli almeno facendomi sapere questo! Ahahahah.

Bene, caro amico, grazie mille, un abbraccio. Seguirò le Sue indicazioni.

J.

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Aiutando J.

Stimato Dott. Marietán,

Le sarei grato, se Lei lo considera prudente, se passasse questa mail a Mr. J (la persone dell’errore numero tre). Grazie in anticipo, Gilberto.

Stimato amico J.:

sono solidale col Suo dolore, mi creda se Le dico che ci sono passato anche io per l’anticamera dell’Inferno. Grazie a Dio, ho trovato questa pagina web del Dr. Marietán e sono in fase di recupero. Per guarire da una relazione con una psicotica, però, bisogna volerlo davvero, con grande forza di volontà e seguire i saggi consigli del Dr.Marietán. Ci sono tre aspetti delle relazioni psicopatiche che è importante sottolineare: primo, lo psicopatico è un predatore mentale, e come tale sa dove attaccare. Nel mio caso, la mia relazione con quella persona (e la mia debolezza) era originata dal fatto che la psicopatica era la copia carbone di mia madre (un’altra psicopatica, ovviamente). Tramite lei, io volevo “salvare” mia madre. Non mi chieda come, ma lei giungeva persino ad utilizzare le stesse frasi di mia madre, anche se non la conobbe mai di persona, perché era già morta. Era qualcosa di soprannaturale ed era la mia principale debolezza (che lei ovviamente sfruttò fino alla fine). Quindi, i due errori più gravi che possa commettere un complementare sono “tentare di curarla” o “vendicarsi”. Qualunque delle due azioni lo conducono direttamente nell’anticamera dell’Inferno o letteralmente all’Inferno stesso (il carcere), se le fa del male fisicamente.

Il complementare DEVE COMPRENDERE di essere stato una vittima-complice (per varie ragioni) e che l’ unica soluzione è il NO CONTACT.  Assimilare l’esperienza come una lezione di vita, qualcosa che ti rende una persona migliore, più forte e meno vulnerabile (tale situazione non si ripeterà più) e ti fa iniziare a raccogliere i cocci rotti della tua autostima, che è la prima cosa che lo psicopatico distrugge. Se può farLa sentire meglio, voglio che sappia che nel mio caso ho due cattedre universitarie, faccio conferenze in auditori con più di 500 persone, sono proprietario di un’attività tutta mia e Assessore del Dipartimento di Stato UE, e nulla di tutto ciò è servito. Se c’è qualcosa di vero è che quando sei coinvolto in una relazione emotiva di questa portata, l’intelletto si blocca. Questo spiega come tanti uomini vincenti e con una carriera brillante commettano stupidaggini inspiegabili.

Sfortunatamente i processi mentali sono più potenti di una bomba nucleare. Ringrazi Dio perché disponiamo di professionisti della salute come il Dr. Marietán che ci aiutano ad uscire dall’Inferno. La veda così: se pensa in termini di vendetta, significa che la psicopatica ha il controllo su di Lei, e se Le fa del male, anche da morta lei avrà vinto, perché sarà riuscita a distruggerLa. Riderebbe dalla sua tomba, sarebbe la sua vittoria finale (anche se non ci crede, hanno tendenze suicide). Ascolti il consiglio di un “paziente”: ponga distanza tra Lei e la “pazza”. Non visiti i luoghi che visita lei, non parli con amici che la conoscono, non cerchi di sapere nulla di lei, la cancelli. E quando avrà raggiunto questo scopo, tutto ciò che ha perduto tornerà a Lei come per magia, e dopo tanto tempo, un giorno verrà a sapere che qualcuno ha sistemato per Lei i suoi conti in sospeso, perché la vita non perdona.

Se può aiutarLa, nel mio caso sono riuscito ad ottenere lavoro in un’altra città, sono tornato a fare i miei esercizi, a scrivere, a ridere, e sento che è sparito il maleficio che per tanto tempo mi ha tenuto prigioniero. Le dico questo perché mi fa paura e mi dispiace che Lei sia ancora una “vittima” e distrugga la Sua vita. Si unisca a coloro che ne sono usciti. Sia felice, Le auguro buona fortuna.

Gilberto

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Gilberto,

grazie per il tuo contributo e la volontà di aiutare J. Gliel’ho già inviata.

Saluti, 

Dr. Marietán

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Caro Dott. Marietán, grazie per la lettera di Gilberto, lo ringrazi da parte mia.

Che dire: nulla, ha ragione. Farò quanto mi dice. Però che rabbia! Comunque sì, credo che il passaggio alla rabbia sia un progresso, che spero si concluda con la dimenticanza. Ma non c’è più la considerazione che “le sia successo qualcosa, che non poteva essere così cattiva”. Speriamo che io recuperi la mia vita il prima possibile, il fatto è che ci sono furti che purtroppo non ritornano. Infine, grazie mille, ebbene…NO CONTACT a tutta forza! Un abbraccio.

Continuerò a informarLa dei miei progressi, ok?

J.

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Dr. Marietán, che gioia mi ha dato la risposta di J. tramite Lei. Gli occhi mi si inumidiscono dall’emozione, che miracolo ha fatto Lei con la Sua pagina web. Una vita che si salva, una vittima in meno. Che miracolo di Dio. Io che avevo perduto persino la capacità di commuovermi, non è un beneficio solo per il signor J., ma anche per me. Non ho parole per descrivere la gioia che sento, mille grazie ancora una volta. Un’opera d’amore così bella. Gli faccio i miei migliori auguri e sono sicuro che un giorno lo conoscerò di persona.

Gilberto

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J.:

certo che possiamo continuare a comunicare, non c’è problema. A proposito, ti informo che la tua lettera, che ho chiamato “Cuesta abajo” è stata di grande aiuto per altri uomini (tra cui Gilberto) per comprendere il pantano in cui si erano cacciati. Così saprai che hai aiutato altre persone.

L’ho nominata” Cuesta abajo” perché, come saprai, è un tango di Gardel y Le Pera, e ti invio il brano e un abbraccio:

 

Cuesta abajo

Tango

1934

Música: Carlos Gardel

Letra: Alfredo Le Pera

 

Si arrastré por este mundo

la vergüenza de haber sido

y el dolor de ya no ser.

Bajo el ala del sombrero

cuantas veces, embozada,

una lágrima asomada

yo no pude contener…

Si crucé por los caminos

como un paria que el destino

se empeñó en deshacer;

si fui flojo, si fui ciego,

sólo quiero que hoy comprendan

el valor que representa

el coraje de querer.

 

Era, para mí, la vida entera,

como un sol de primavera,

mi esperanza y mi pasión.

Sabía que en el mundo no cabía

toda la humilde alegría

de mi pobre corazón.

Ahora, cuesta abajo en mi rodada,

las ilusiones pasadas

yo no las puedo arrancar.

Sueño con el pasado que añoro,

el tiempo viejo que lloro

y que nunca volverá.

 

Por seguir tras de su huella

yo bebí incansablemente

en mi copa de dolor,

pero nadie comprendía

que, si todo yo lo daba

en cada vuelta dejaba

pedazos de corazón.

Ahora, triste, en la pendiente,

solitario y ya vencido

yo me quiero confesar:

si aquella boca mentía

el amor que me ofrecía,

por aquellos ojos brujos

yo habría dado siempre más.

 

14 pensieri su “Se il cuore brama vendetta (l’errore numero tre)

  1. Bellissimo, commovente! L’aiuto reciproco di questi due uomini tramite il GRANDE dr. Marietàn è davvero un incoraggiamento salutare. Vorrei chiedere ai due protagonisti come hanno fatto poi a riacquistare la stima di se stessi. Dimenticare i brutti incontri non basta. Resta quel tarlo di fondo, quel pensiero che comunque si abbia qualcosa che non va. Grazie Claudileia per essere la nostra ambasciatrice della realtà con il tuo blog, le tue opinioni, le tue traduzioni.

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  2. Lo psicopatico nel mio caso ha commesso un reato nei miei confronti. So di essere fragile perchè lui è ancora nella mia mente. Temo che solo la conclusione del processo a suo carico potrà mettere la parola fine al mio incubo. Leggendo l’articolo mi è venuto in mente che il mio non voler ritirare la denuncia possa corrispondere al desiderio di vendetta e mi ha fatto sentire in colpa. Cattiva. Forse è così oppure no. Ho avvertito molte volte lo psicopatico del fatto che se non avesse smesso di assediarmi lo avrei denunciato. L’ho fatto in maniera chiara e inequivocabile. Ora dovrà farsi carico delle sue scelte.

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    1. Cara Gelly, assolutamente no!!! Perché ti senti in colpa? I 2 precedenti articoli di Marietan sono molto chiari a proposito della violenza: bisogna assolutamente denunciare la prima volta che capita, non ci sono scusanti. Non ci sono vie di mezzo con i violenti, quindi non ritirare la denuncia perché il suo comportamento potrebbe aggravarsi nei tuoi confronti. Sempre che le donne ritirano le denunce contro loro aguzzini gli concedono un potere inimmaginabile, perché si convincono di averla ancora in pugno e di poter sorpassare la legge con due paroline dolci oppure aumentando il carico di terrore. Ti senti ‘cattiva’ perché è ancora lui a comandare la tua mente, ma razionalmente sai di aver fatto la cosa giusta. Il tipo di vendetta di cui ci parla Marietan in questo articolo non ha niente a che fare con l’impunità dal punto di vista legale! Un forte abbraccio e se hai dei dubbi scrivici! Claudileia

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      1. Grazie Claudileia, La voglia di rivalsa e di vendetta descritta nell’articolo somiglia molto alla mia. Mi aggrappo alla razionalità per non sentirmi in colpa . Non ho altra via!!

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  3. Chiarisco che il desiderio di vendetta di cui parla il carteggio riguarda un danno che l’autore della lettera ha certamente subìto più a livello sentimentale e affettivo che fisico o materiale. Per la violenza fisica e i danni materiali esiste la legge degli uomini, lo stesso si può dire anche rispetto ad alcuni danni morali che prevedono un risarcimento. Il punto è: come valutare giuridicamente un danno soggettivo, che varia da persona a persona? La soglia del dolore di ognuno non è universale. Per questo il soggetto A può reagire a un tradimento andandosene via per sempre o mandando via la partner per cercare di superare il dolore e ricostruirsi, mentre il soggetto B potrebbe reagire picchiandola, uccidendola o facendosi del male per il resto della sua vita. Crogiolandosi nel suo dolore il soggetto B può giurare di aver tolto di mezzo un nemico degli esseri viventi (perché psicopatico) ma difficilmente verrà sostenuto nel suo dolore perché a quel punto si è “snaturato” diventando una persona violenta, uno stalker, un assassino, un “pazzo”, ecc. Perché dare agli psicopatici il potere di stravolgere la nostra natura? Credo sia questo il punto centrale, a prescindere delle credenze di ognuno.

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    1. Appunto. Il nocciolo della questione è proprio codesto ma la cosa credo più drammatica è che il soggetto come lo chiamiamo, X? Quello che ha fatto il danno, se ne esce comunque impunit*.
      Sarò limitato ma è come dare immunità e una licenza di “uccidere o devastare” anime a tutti gli X..
      A chi conviene essere “sano” e non comportarsi come loro?
      Voi ne capite più di me ma il risultato mi pare inequivocabile.
      Grazie della cortese risposta. 🙂

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      1. Credo che non esista pena peggiore della privazione della libertà o di non essere libero. Chi segue il blog sa che gli psicopatici non sono liberi perché seguono uno schema fisso e una serie di comportamenti ossessivi e strategici che impossibilitano ogni forma di evoluzione. Chi nasce ‘sapendo già tutto’ vive dentro una gabbia di supponenza e di ignoranza, racchiuso nei suoi rigidissimi meccanismi di difesa e nella propria cattiveria. Per me vivono già in una prigione, in un sarcofago. Le conseguenze di un simile ragionamento (sopratutto per chi fa vita creativa) è l’immobilità mentale: non puoi andare oltre il tuo schema fisso. Tu mi chiedi ‘a chi conviene essere sani’? Conviene a tutti gli amanti della libertà (quelli veri) laddove libertà vuol dire non aver paura di cambiare, di crescere, di evolversi, di donarsi (che vuol dire scommettere sulla propria vita e su quella di chi abbiamo accanto, perché ne vale la pena) e di scendere nel fondo del pozzo per poi guardare in alto quando il dolore comincia ad attenuarsi. Le persone che mi hanno tramandato qualcosa nella vita avevano vissuto grandi prove, inconcepibili. Alcune di loro sono state incontrate al di fuori della mia famiglia, altre all’interno, come mio padre (un complementare). Sapere che queste persone stanno meglio di chi li ha feriti, che non si sono perse nonostante le prove e le umiliazioni e che hanno qualcosa di buono da dare agli altri mi fa avere fiducia nella vita, la certezza che nulla è stato vano e che il tempo è il padrone di tutto. Un forte abbraccio e grazie a te per l’eccellente contributo.

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  4. Capisco il desiderio di vendetta, credo sia una pulsione naturale. Ne ho parlato poche sere fare con il mio figlio più grande. Abitiamo un po’ fuori mano, in una casa isolata, dove non si passa se non apposta. Io e i bambini poche settimane fa siamo tornati da un lungo week end all’estero, e rientrando, proprio sotto casa, era parcheggiata la macchina dell’ NP. Lui non era a bordo, probabilmente era a fare una passeggiata in attesa del nostro arrivo, o a salutare qualche ex vicino di casa, non so. Noi siamo entrati in garage e direttamente saliti in casa. Dopo pochi minuti, mio figlio, adolescente, era in cucina che cercava un coltello, e mi ha detto: vado a tagliargli le gomme. Io sono rabbrividita, perché mi sono accorta, per l’ennesima volta, di come l’NP abbia devastato al punto le nostre esistenze, da indurre il mio bambino a pensare di dover agire in modo così violento e irrazionale, ma sopratutto, contro la sua stessa natura, contro la sua indole buona e affettuosa.
    Gli ho spiegato, con tutta la calma che avevo, che tagliargli le gomme sarebbe stato doppiamente sbagliato. Innanzitutto perché non possiamo fare qualcosa che è contro la nostra natura, se a spingerci è l’influenza di una persona così negativa. Gli ho poi detto che, oltretutto, il nostro NP avrebbe provato un certo piacere nel constatare di essere riuscito a spingerlo ad un simile gesto, perché nella sua mente malata l’importante è riuscire a scatenare in noi una reazione. Al contrario, ho detto a mio figlio. “se proprio vuoi punirlo, ignoralo, fingi che non sia lì”. La cosa migliore che puoi fare per te, per noi e peggiore per lui è non far nulla, perché lui non ha più nessuna influenza su di noi, non ci cambia più le giornate, noi non dovremo nemmeno ci accorgiamo del suo passaggio. Mio figlio mi ha risposto con rabbia di essere stufo del mio “atteggiamento filosofico”. Poi, nei giorni successivi, quando la scena si è ripetuta, le cose sono migliorate, e l’ultima volta è bastato uno sguardo di complicità per farlo desistere dal suo intento di vendetta.
    Certo, il nostro NP ne uscirà impunito, ma poco importa. La priorità è slegare i nostri pensieri e le nostre azioni dalla sua influenza. La priorità e far riacquistare ai miei figli i ritmi, i pensieri, le dinamiche normali. No Contact. Senza eccezioni. Nonostante le sue provocazioni. Nonostante i suoi tentativi di contatto. No Contact tutta la vita. E’ difficile, perché so che loro, come me, ne soffrono, ci pensano, stanno ancora elaborando lo choc e vorrebbero punirlo, smascherarlo, vederlo soffrire. Ma è fatica sprecata, perché lo metterebbe di nuovo al centro delle nostre vite, proprio adesso che ci siamo allontanando

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  5. E quando il desiderio di vendetta è da parte del NP?
    Mettiamo, Claudileia… storia finita, il – anzi l’ex – complementare vive la sua vita (bene o male o come può), il np continua a svolazzare di fiore in fiore (non crediamo certo che si fermi): c’è qualcosa che possa far scattare nella mente dell’abusante un desiderio di vendetta nei confronti della vittima?
    Vederla felice, sapere di non avere più potere su di lei, frustrazioni personali o qualsiasi altra motivazione per lui logica che possa portarlo a procurarle in qualche modo danno?
    E se sì, come difendersi? Come neutralizzarlo pur mantenendo l’obbligatorio e voluto distacco?
    …come avrai capito si va avanti. E vederlo per quello che è non è di nuovo un bello spettacolo.
    Grazie :*

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    1. Il desiderio di vendetta di un narcisista perverso o psicopatico può nascere solo quando lui/lei si diverte nel farlo. Se implica la sua stessa rovina stai certa che non lo farà mai. Quindi, supponiamo che la complementare vada avanti bella pimpante con la sua vita, ottenendo innumerevoli successi professionali, in più si sposa, fa dei figli, ecc. mentre lui non combina niente di significativo e arriva a una certa età assolutamente frustrato. Ecco, a quel punto potrebbe tirare fuori dal suo baule di rifornimento la complementare di un tempo e addirittura andare a cercarla per vendicarsi… E come si vendica? Dicendo, per esempio, che la sua vita non ha alcun significato senza di lei e che dopo di lei (possono essere passati 20 anni!) MAI PIU’ ha trovato una donna all’altezza… Dopodiché SPARISCE, lasciando la complementare piena di dubbi che andranno a interferire con la sua vita pimpante di prima. Potrebbe sembrare una vendetta fin troppo sottile, invece è la peggiore perché la fa “fantasticare” una vita diversa, magari più passionale della sua, magari comincia a vedere difetti nel marito e immaginare come sarebbero i suoi figli se avessero le sembianze del n.p. e bla bla bla. Morale: il divertimento sta nel rendere la sua meravigliosa vita una ‘mierda’ solo con l’uso delle parole. Molte persone pensano che il danno maggiore è la campagna di fango. Invece no. Il danno sta nell’immondizia psichica che seminano nella testa della complementare, rendendola schiava a vita di un amore che non esiste. Come difendersi? Tenendo i piedi ben saldi a terra su cosa è reale e cosa non è. I DONI DI UN NP NON SONO MAI REALI PERCHE’ VENGONO OFFERTI CON DUE OBIETTIVI MOLTO PRECISI: AVERE TUTTA L’ENERGIA CHE DAI AGLI ALTRI PER LORO E CONTINUARE CON LO SFRUTTAMENTO. Non importa quanto tempo sarà passato, la maggior parte delle volte è così che propagano la loro vendetta: scombussolando la tua vita e poi ridendoci sopra.

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      1. …per quanto sono convinta ora di quanto “mierda” sia credo che se si ripresentasse tra 20 anni potrei solo riderci sopra. La convinzione che non mi avrebbe mai dato una vita all’altezza di essere chiamata tale è ben radicata in me.
        Io mi riferivo più che altro a campagne diffamatorie o altri mezzucci per screditare o rovinare in qualche modo la complementare…
        Che dire, spero che si dimentichi che io esista in terra proprio.
        Grazie per i lumi, al solito, Claudileia.
        Unabbraccio.

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      2. Le campagne diffamatorie vengono fatte per mettere più adoratori in tasca, quindi a prescindere della situazione della complementare. Bisogna dare sempre per scontato che la faranno e che solo molto di rado l’infangato viene a conoscenza di tutte le menzogne inventate da loro. Questo accade perché le scimmie volanti, gli amici “Charlie Brown” e certi parenti provano un indiscussa ammirazione per il soggetto. Ora, ci sono quelli che occupano una posizione di potere e che a seconda della circostanza cercheranno di rovinare la vita di una ex moglie che sa troppo o di un’amante diventata fastidiosa. E’ evidente che se si tratta di uno psicopatico in una posizione di potere userà tutti i mezzi a sua disposizione per evitare che una ex scomoda PARLI. Quindi giocherà in anticipo facendola passare per matta e a prescindere della posizione occupata da lei. Anzi, direi che quanto più la persona è benvoluta e apprezzata, più la vendetta si fa divertente per loro. La soluzione va vista a seconda del caso, perché se infrange i confini legali e diventa calunnia o diffamazione parliamo di reati che vanno denunciati. Per il resto l’unico consiglio che mi sento di dare in caso di parlantina sconclusionata è la calma e il sangue freddo. Il tempo sa essere un grande alleato e alla lunga sa dare la giusta lezione a chi parla troppo e maledice gli altri. Abbracci a te.

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  6. Dr. Marietán, lei è “divino”.
    Nessun contatto con le “carnefici: le ho scritto che mi ha deluso, che oggi uscirò con un’altra e l’ho bloccata.
    Per me può anche buttarsi dal cavalcavia.
    Me ne frego!

    Cordiali saluti.

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