Metafore emotive che facilitano il recupero – Parte 1

Fonte: http://www.inmujer.gob.es/areasTematicas/estudios/estudioslinea2012/docs/Recuperando_control.pdf

Trad. C. Lemes Dias

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Molte metafore appaiono sia nel periodo di transizione e convivenza con il maltrattante, sia nel momento di rottura e distacco dal rapporto di maltrattamento. Possiamo distinguere, nelle storie raccontate dalle donne oggetto di questa ricerca sia metafore orientate a guadagnare terreno e ad aumentare la capacità decisionale nel contesto “tossico” del rapporto, sia metafore prospettiche della loro futura identità che mirano a rafforzare il loro nuovo sé.

Tutte queste metafore hanno per obiettivo, in ultima analisi, acquisire potere decisionale e autonomia. Le metafore alludono alle emozioni che appaiono nelle storie come fattori che facilitano la rottura e il recupero. Gli elementi più menzionati sono: la forza, l’orgoglio e la speranza, ma anche la paura, il perdono e la serenità, che appaiono come sentimenti che influiscono positivamente sul processo di recupero.

In relazione alla sopravvivenza e ai momenti di transizione e rottura, le metafore che preparano all’azione e le mantengono attive sono molto importanti, evidenziando in particolare la conquista dei propri spazi, il resistere alla pressione (o sopportare la tensione) e l’andare avanti.

Tali metafore sono molto frequenti nelle storie femminili e sono presenti nei racconti di tutte le donne intervistate.

  1. APRIRE LA FINESTRA. SOLLIEVO E SERENITÀ.

Questa metafora rivendica il ruolo benefico che la serenità gioca nel recupero di queste donne. Il sollievo e la liberazione di essere sole e lasciare andare il maltrattante. Le donne intervistate esprimono questo momento in diversi modi: la finestra, il panorama, l’aria rinnovata, ecc.

Elena e Lola la esprimono nei loro discorsi in questo modo:

Elena:Lasciarli ha il suo momento negativo perché è quando ci si sente davvero sole e bisogna guardarsi dentro, ma è come quando ci chiudiamo in una stanza e si apre una finestra e… improvvisamente entra l’aria fredda e si muore di freddo fino al midollo osseo. Ma se lasciamo la finestra aperta per un po’ l’aria si rinnova e poi non vogliamo che si chiuda mai più, giusto? Perché anche la temperatura è diventata ideale. In questo momento sono in questa fase qua, ho visto come funziona (…) le acque si sono calmate, come mi sono calmata io. Mi sento molto più serena di prima, ho avuto alcuni picchi emotivi. Un giorno ero euforica, e il giorno dopo stavo morendo di dolore. Ora ho trovato il mio equilibrio, ho fatto tutto ciò che potevo. Mi sento come la vecchia signora del Titanic”.

Lola: “Io, naturalmente, mi rendevo conto di qualcosa, ma ora vedo tutto per ciò che è stato: un saccheggio, cioè, riesco a comprenderlo solo in questo momento, dal punto di vista in cui mi trovo ora, (….) credevo che lui agisse così per il mio bene, perché ero sola, con due figli, “ma tu non vedi che è per il tuo bene?”. Te lo ripeto: non guardo più le cose come gli altri vorrebbero che le guardassi, del tipo “Il passato? Meglio non ricordarlo, è meglio dimenticarlo, non pensare più a queste cose del passato.”. Non lo faccio perché ora so guardare molto bene al mio passato, dal mio punto di vista. Molte volte vedo il mare, fino alla linea dell’orizzonte, perché lo amo e allora vedo le cose come sono. Certo, ci ho creduto perché allora non ragionavo, non avevo una coscienza, non avevo niente. Ti rendi conto che la tua autostima non è sul pavimento, ma ancora sotto, sotto l’ultimo tappeto. Ma ti rendi conto solo dopo, cambiando la tua visione del panorama. Ora, una cosa che vi racconto: ho iniziato a guardare tutto diversamente quando la polizia lo ha portato via, quando lui ha finalmente lasciato la mia casa”.

Questa metafora mostra il recupero dello spazio perduto, la solitudine come spazio che permette loro una crescita personale, come spazio necessario per ritrovarsi. Questa metafora è anche un modo per lasciarsi alle spalle l’idealizzazione della passione come rappresentazione culturale dell’amore (essere un giorno euforici, un altro giorno morente, addolorati) e rivendicare l’equilibrio e la serenità come modo di relazionarsi con gli altri e con se stessi, così come l’apprendimento che deriva dal vedere le cose da una certa distanza, con la giusta prospettiva.

  1. LA LUCE ALLA FINE DEL TUNNEL. LA SPERANZA.

Questa metafora del futuro è di grande valore per la ripresa ed è anche una costante nei resoconti di tutte le donne intervistate. Anche se si manifesta in modi diversi, la luce e il tunnel appaiono in tutti i loro racconti come elementi chiave per guardare al futuro con ottimismo.

Si tratta di una metafora che allude alla speranza di cambiamento, ma il suo sguardo sul cambiamento è diverso che all’inizio. Mentre all’inizio il cambiamento si basava sulla convinzione che il loro amore avrebbe trasformato la persona – e quindi la speranza si depositava nel fatto che tutto dipendeva dalle azioni del loro lui – il significato ora si concentra su loro stesse, sulla loro autonomia e la capacità di cambiare la propria vita, dotandosi di migliori condizioni di vita, promuovendo un ruolo più attivo della loro persona, tirando le fila, valutando le possibilità, ecc.

Le storie di Lola e Patricia illustrano l’uso di questa metafora:

Lola: “Non volevo dire che ero in fondo a un pozzo, ma che vi era un tunnel. Perché in fondo al pozzo si vede solo la terra. Molte donne la pensano così “sono caduta in fondo al pozzo”. Ecco, ho sempre cercato di scartare questa immagine della mia mente, perché nel pozzo più combattiamo più affondiamo e più diventa difficile uscirne. Molto meglio il tunnel, perché alla fine c’è sempre la luce. Nel mio caso avevo tre luci, i miei bambini. Molto spesso sono loro che ci spingono a combattere, tra le urla o in silenzio. Sono loro che ci dicono di porre fine alla situazione”.

Maria:Uffa, tutto splende e sono sola. È tutto bianco quando penso al mio futuro. Hai presente quei film in cui vedono Dio che scende come una luce bianca? Perché è così che la vedo io. Voglio andare in una zona costiera …. “la paura può essere spezzata dal rumore di una porta che sbatte”. La vita stessa è così, basta avere il coraggio di aprire la porta e chiuderla senza guardare. Si va avanti, sempre in avanti, lo riassumerei così, in avanti, in avanti, verso la luce, in avanti senza guardarsi indietro, perché se guardi indietro svanisce tutto”.

  1. AVERE LE ALI. IL DESIDERIO DI VOLARE.

Questa metafora è una messa in discussione dell’ideale romantico e del ruolo protettivo del principe azzurro. Rivendica l’autonomia delle donne nel decidere, pensare e agire sulla propria vita. Le donne rivendicano così il loro diritto di pensare, sentire e sbagliare per se stesse, sfidando il mandato che le tiene sotto il manto “protettivo” e “sicuro” di un uomo. Attraverso questa metafora, le donne esprimono anche l’incoerenza e la falsità del mandato.

Lola e Patricia lo esprimono in modo molto rivelatore:

Lola: “Certo. Ora mi dicono: “Hai ricostruito la tua vita, perché hai ricostruito la tua vita, no?”. “Sì, ho già rifatto la mia vita”. Totalmente. Ed è vero. Poi mi chiedono “Hai un partner?” e allora dico “Devo rifare la mia vita con un partner? Ho rifatto la mia vita, che è mia, è mia ed è mia.” Prendi un passero e lo metti in una gabbia, la madre viene a dargli da mangiare… Prendi la madre e la metti in gabbia. Bene. Il passerotto crepa. () Quindi, se la madre è intelligente, la madre sa come uscire dalla gabbia, ma il passero no. Deve uscirne, invece! Bisogna uscire da quella gabbia senza badare agli altri e devi andare avanti, perché se non lo fai, ti perdi“. Guarda, ho sempre detto che le mie ali hanno cominciato a saltare fuori quando lui è andato via di casa e, soprattutto, immense ali mi sono spuntate quando ho trovato il mio lavoro, quando ho iniziato a lavorare. Io volo, anche se non si vede”.

Patricia: “(parla molto dolcemente) Bisogna riconoscere la tua parte di colpa e perdonarti da questa colpa. È necessario uscire dal meccanismo, redimere quella colpa, vedere che ci sono persone intorno a te, che non devi pagare per essere amato. Tutto ciò mi ha aiutato ad ottenere tutto il resto. Voglio essere emotivamente indipendente, non voglio dipendere dall’altra persona, non voglio avere i capelli dritti ogni volta che il telefono squilla, perché so già cosa porta, e voglio continuare ad andare avanti per iniziare a essere una persona. Prima non ero una persona, non pensavo per me stessa, non sentivo per me stessa. Voglio sentire e voglio pensare e voglio sapere quando, tra virgolette, commetterò un errore. Non voglio che mi diano tutto fatto, non voglio che mi vizino più. È molto comodo essere annullati, ma fa così male, e arriva un momento in cui sei così abituato a non pensare da non sapere più niente.”

In questi frammenti, Lola e Patricia esprimono l’importanza di volare, di fare le cose per se stessi, di andare avanti con le loro vite. Le parole di Lola “Ho le ali enormi… anche se è un volo che non si vede” mostrano la soddisfazione e la pienezza quando si prende il controllo della propria vita.

Patricia sottolinea anche la sua volontà e la decisione di non lasciare che siano gli altri a darle tutto fatto, per essere emotivamente indipendente.

22 pensieri su “Metafore emotive che facilitano il recupero – Parte 1

  1. Credevo di essere forte ..di esserne uscita….dopo 3 anni e mezzo dallo scarto feroce mentre mio padre moriva…. improvviso come una frustata ..dopo aver ripreso la mia vita …traslocato …comprato casa….chiuso con le cause in tribunale per farmi restituire parte di ciò che mi aveva rubato… credevo di essere più forte dei suoi silenzi ..del suo rifiuto che ora è anche il mio …. oggi dopo tanto tempo mi arriva un suo messaggio per accelerare l’ultimo passaggio … il divorzio… e le mie gambe tremano …le lacrime scendono e si riaffaccia il dolore …la non accettazione… so che devo andare avanti …non mi spiego quello che ancora sento per una persona che si è rivelata un mostro

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    1. Carissima Alessia, una separazione o divorzio, a prescindere delle cause o della persona che avevamo accanto è sempre un trauma. Raramente ce ne andiamo a cuor leggero, perché mica buttiamo in compartimenti stagni nel nostro cervello tutto ciò che abbiamo provato per l’altro, appena se ne va oppure ce ne andiamo noi. Sarebbe troppo facile. Sarebbe come essere dei robot. Le vestigia di una storia ci saranno sempre e qui tutto dipenderà della tua capacità di sopravvivere, con le tue personali risorse accumulate negli anni, alle cattiverie che possono provenire dalla persona che hai amato con tutto il tuo cuore. Sì, eri stata tratta in inganno quando hai consegnato la tua vita nelle sue mani, ma alla fine l’hai fatto e quindi bisogna correre ai ripari. Lo scarto è avvenuto quando il tuo papà se ne stava andando. Direi che è una cosa molto tipica sopratutto dei narcisisti perversi o psicopatici: devono infonderti un dolore maggiore del lutto che stai vivendo, un dolore mai visto, indimenticabile. Un dolore che ci blocca per sempre in uno stato di incredulità e di shock. Per la nostra crescita personale è necessario lottare per uscire da questa condizione mantenendo la fiducia nel mondo. Se te la senti di raccontare la tua storia, eccoci qua. Un abbraccio grande e benvenuta!

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      1. Grazie Claudileia, in realtà ho già raccontato di me …..il tuo blog mi ha aiutato tanto e ancora lo fa… lo consulto e mi ci aggrappo come il naufrago alla roccia. Solo credo di aver usato un’altra mail in passato.
        Oggi sono stata sorpresa dell’intensità del dolore per un banale SMS del mio ex marito….lui se ne è andato nel silenzio ..ma basta una piccolissima interazione per far saltare il mio cuore..
        Ti ringrazio ancora per tutto quello che fai …per lo spessore e la qualità di ciò che pubblichi

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      2. Cara, con questo nick e anche dall’e-mail non riesco a ricordarmi della tua storia. Possono solo dirti che quando uno se ne va da un giorno all’altro e senza dire un bel niente il nostro cervello comincia a fare mille congetture, per questo è ancora più complicato guarire dal trauma dell’abbandono. La mente torna sempre alla modalità “perché” anche a distanza di tempo. Diciamo che è una “morte con mille tagli” in cui passano gli anni e la lotta per guarire sembra non finire mai. Il divorzio implica anche un taglio netto, che è come un cordone ombelicale. Procrastinarlo non ha senso perché se non viene tagliato il filo giuridico che ci lega alla persona è come se restassimo bloccati all’uscita dell’utero – che credevamo tanto simile al materno – per anni e anni. Rischiamo di morire anche così, con tutti i nostri perché mai risposti e l’angoscia che ne deriva. Perciò, anche se non è facile, bisogna prendere la sua richiesta come una metafora liberatoria. Come scritto nell’articolo è ora di imparare a volare alto alto, senza più quel filo che ti riconduceva a un uomo inesistente. Abbraccio grande a te!

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      3. Grazie….ancora una volta ….sto facendo pasticci con i nik…sarà l’ansia …sono sempre Alessia…rileggo spesso quello che mi hai scritto fon qui perché mi aiuta molto…reciderò anche l’ultimo filo e poi spero di trovare pace…. sei preziosa…un abbraccio

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  2. Il mio ex mi aveva annullata, si era reso indispensabile, viziata, tutto fatto … proprio cosi. Avevo smesso di pensare, tanto c’era lui … avevo smesso di fare, tanto c’era lui … avevo smesso di ragionare e non lo capivo. Lui era tutto. Mi ero consegnata a lui che invece mi controllava, mi dominava, mi imponeva, mi suggeriva, mi consigliava. Era stalking ed io pensavo fosse amore! Grande amore.
    Infine lo scarto mostruoso con una laconica spiegazione telefonica “ho un’altra”, anche mio padre stava morendo, non una telefonata, non un gesto. Il nulla il vuoto e per concludere mi evitava come se fossi stata io a lasciare lui.
    Un mostro, un pazzo, un essere indescrivibile. Io penso che chi ha fatto così schifo nella vita terrena, avrà la giusta pena da quel Dio che ci attende per giudicarci. Non sarò io, ma la giustizia divina. Il mio dolore sarà il suo. Scusate se divago con tematiche poco scientifiche … ma ripensare al male inflitto, solo perché abbiamo AMATO mi butta giu. Un bacio Alessia, anche io tre anni e mezzo di dolore, solo ora respiro con entrambi i polmoni.

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    1. Cara Saretta, non divaghi affatto. La giustizia che evochi è compresa nel pacchetto del loro stesso disturbo. Deve essere terribile non provare nulla per nessuno e avvertire un senso di vuoto tale da doverti ingozzare di roba nuova, “qualcosa” che ti faccia campare un po’ di più prima di avvertire ancora e ancora che potresti morire di noia se non crei un piano distruttivo per “quella cosa” che paradossalmente ti dà la carica per respirare. A volte il controllo avviene come parte di un rituale. Sono persone che hanno spesso dei pensieri ossessivi che provano ad esorcizzare attraverso il controllo di qualcuno. Quando ti chiamano disperati cercando di sapere dove sei, mentre magari sei in bagno o al supermercato, generalmente stanno proiettando qualcosa che hanno appena fatto o stanno per fare su di te, quindi vogliono certificarsi di poterti imbrogliare in santa pace e senza correre il rischio di essere imbrogliati a loro volta. È un trucco molto usato che prendiamo per gelosia, riguardo nei nostri confronti o preoccupazione. Ciò che c’è sotto è controllo duro e puro, ma anche una buona dose di malignità e di paranoia. Lo scarto per telefono, da bambini irresponsabili, è un’altro colpo di grazia: vogliono farci credere di essere talmente insignificanti da non meritare alcuna spiegazione. L’importante è capire che tale disturbo allarga i suoi tentacoli su ogni ambito della loro vita e che quindi il destino collaudato non è quello della solitudine, ma del caos interno e quindi dell’insoddisfazione perenne. Abbracci a te!

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      1. che parole meravigliose riesci sempre ad esprimere nei tuoi commenti claudileia, io me li incornicerei, fotocopierei, li metterei in camera da letto. sono incisivi ed essenziali le tue splendide parole e suggerimenti per noi vittime di narcisismo maligo perverso e coodipendenza affettiva e famiglia d origine disfunzionale, e falle affettive arcaiche

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    2. Saretta mi fa male leggere le tue parole perché ci rivedo il mio personale dramma…ho vissuto tutto ciò che descrivi….conosco bene QUEL dolore. È impressionante quanto in fondo tutte le nostre storie si somiglino, e quanto Claudileia colga..pur non conoscendoci …subito l’essenza dei nostri mostri. Io sono orgogliosa del mio cammino finora….mi sono aiutata in ogni modo possibile e sono una donna più completa oggi…grazie alla consapevolezza…a lungo cercata in ogni possibile lettura sul tema…ho perso la mia ingenuità….ho costruito muri alti per proteggermi….combatto ogni giorno emi scopro per quella che non avrei mai ritenuto di essere….ti abbraccio forte

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      1. Cara Arciale, la sete di informazione ossessiva che avvertiamo all’inizio, quando stiamo cercando di comprendere ciò che abbiamo appena vissuto corrisponde al momento in cui siamo in fondo al pozzo. La metafora del pozzo non è così tremenda se consideriamo che è proprio lì che l’argilla si forma, con tutte le sue proprietà benefiche detossinanti e di cura delle eruzioni cutanee. L’argilla permette ai fiori recisi di conservarsi più a lungo e plasmandola possiamo modellarla creando le nostre sculture. La consapevolezza è una di queste opere d’arte che impariamo a modellare con le nostre mani, con calma e senza fretta, proprio perché ci siamo scontrate con qualcosa o con qualcuno che ci ha rotto tutte le ossa. Non c’era alcun bisogno che questo accadesse. Non abbiamo nulla da ringraziare a codesti soggetti per aver affrettato un processo che sarebbe ugualmente avvenuto NEI NOSTRI TEMPI. Tuttavia è accaduto e quindi è arrivato il momento di trasformare tutta la negatività interiore che ci è stata appioppata (anche dalle nostre figure di riferimento, in molti casi) o dagli avvenimenti luttuosi della vita in qualcosa non solo di decente, ma che costituisca il perno della nostra intera personalità: chiamiamolo POTERE REALE. A un narcisista questo tipo di cosa non interessa, giacché il potere lo ottiene attraverso lo scambio di favori, la seduzione, lo sfruttamento emotivo, sessuale ed economico degli altri. Tu non hai perso la tua ingenuità perché anche l’ingenuità ha i suoi pregi. Gli scrittori di libri per bambini ne hanno da vendere, perché si devono immedesimare nei loro piccoli lettori, di modo che riescono a mantenerla intatta senza perdere la consapevolezza e la saggezza dell’adulto. Dovrai partire dal presupposto che le cose perse possono essere ricostruite con le tue mani. Cosa ne farai della tua argilla? Quando firmerai le carte del divorzio sappi che quella è argilla. Da quel momento in poi, con ancora più potenza e forza di quella che dichiari potrai modellare la tua vita per renderla il capolavoro che vuoi. Quando firmerai le carte, a prescindere se la richiesta sia stata inoltrata da lui, sappi che rappresentano l’acquisizione piena di quest’opera immensa che è la tua vita. Nessuno al mondo aveva il diritto di farti pagare a caro prezzo il tuo bisogno di amore o di provare a distruggerti per questo. Afferra questa opportunità con tutta la grinta che hai. Anche i fiori sono ferite aperte, anche se non sanguinano. Eppure splendono! Buon w.e! TI ABBRACCIO ANCH’IO, FORTISSIMO! CORAGGIO!!!

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  3. Care Saretta e Claudileia, anche io sono stata lasciata al telefono dal mio ex fidanzato (non l’ultimo -che non era il mio fidanzato- quello è lo psicopatico) con la frase “ho un’altra”.
    Mi si è crepato il cuore in mille pezzi e nel letto avevo le gambe doloranti come se mi fosse passato un camion sopra.
    Come dici tu Claudileia è da bambini lasciare una persona dopo 7 anni in questo modo, tra l’altro dovevamo sposarci.
    Col senno di poi a distanza di 2 anni posso dire menomale che è andata così, di sicuro me l’avrebbe fatta in seguito magari da sposata e con figli. Mi dispiace per sua moglie (si è sposato nel giro di 3 mesi), continuerà a fare quello che ha sempre fatto ossia andare in cerca di nuove prede sulle chat.

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    1. Cara Oliver, ti rispondo con un pezzo di un articolo di Vaknin: “Il narcisista cerca di legittimare la sua condotta infantile e il suo mondo mentale infantile rimanendo in realtà un bambino, rifiutando di maturare e crescere, evitando i segni distintivi dell’età adulta e costringendo gli altri ad accettarlo come il Puer Aeternus, l’Eternal Youth, un Peter Pan senza preoccupazioni, senza limiti.” Gli individui narcisistici si comportano come bambini perché il loro sviluppo emotivo è stato arrestato all’età di tre o cinque anni. I motivi possono essere i più vari. Non sono in grado di superare questa immaturità emotiva e anche se conoscono la differenza tra bene e male scelgono la via più facile, quella che emotivamente viene percepita nel mondo dell’infanzia come più gradevole e meno dispendiosa energeticamente PER LORO. Essere congedati in questo modo da un uomo adulto dopo 7 anni è inquietante e destabilizzante, perché significa che non si assumerà mai alcuna responsabilità per qualsiasi cosa abbia fatto. All’inizio non riusciamo a credere che questa sia la stessa persona che abbiamo incontrato nelle vesti di un adulto affascinante, attento e determinato, che ci corteggiava alla grande e che ci faceva pure ridere! Se la vita per noi sembrava un’avventura accanto a loro, è proprio perché si credevano DAVVERO Peter Pan. Se ci guardiamo indietro con la massima onestà, ci renderemo conto di aver visto un corpo adulto che incapsulava quello di un bambino. Non potevamo sapere che il bambino sottostante avrebbe avuto la meglio perché allora ciò che provavamo per lui era tenerezza. E neanche potevamo immaginare che sarebbe bastato poco perché liberasse tutta la potenza distruttiva di un bambino capriccioso. E’ possibile far ragionare un bambino piccolo che rompe i suoi giocattoli per farci dei dispetti? Oppure far capire a questo bambino che non abbiamo più soldi (energia) per acquistare qualcosa di nuovo ogniqualvolta fa a pezzi la nostra dedizione, affetto e autostima? Assolutamente no. Con la personalità narcisistica avviene lo stesso: noi siamo i giocattoli e quindi ci DEVONO rompere prima che un altro venga acquistato. Abbracci a te!

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  4. Claudileia, davvero non ho parole per dirti quanto io apprezzi la tua capacità di sintesi e la forza poetica del tuo linguaggio. La metafora dei fiori… mi servirebbe per una canzone, accidenti! Mi piace anche il fatto che tu non sia mai semplicemente consolatoria e che sappia mantenere vivo l’idealismo a fianco di un realismo sano e inappellabile.

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    1. Caro S.w.a, al momento sto scrivendo un libro dedicato ai bimbi sul tema dell’Amazzonia in fiamme. Non è facile rendere comprensibile ai piccoli la tragedia avvenuta. Bisogna un po’ ricollegarsi all’infanzia per fare determinate associazioni che rendano comprensibile non solo il dolore, ma anche la rinascita e il superamento dei traumi. GRAZIE per l’apprezzamento: piedi per terra sempre, ma senza perdere il potere di cambiare le cose con la massima dolcezza e consapevolezza! Abbracci.

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  5. Che dentro di lui ci fosse un bambino lo avevo capito dopo poco tempo- mi raccontava che sua madre preferiva gli altri tre figli che aveva anche tentato di ammazzarsi, lo vedevo bambino sofferente ma per capire che quel bambino fosse maligno ci ho messo anni – mi ricordo che mi vennero in mente i bambini soldato creature private di tutto lo sappiamo e per questo capaci di ferocia – è stato terribile!

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  6. Ciao… Sono nuova in questo blog… Nuova per modo di dire… Ho letto praticamente tutto, dal momento in cui ho scoperto di essere stata vittima di un narcisista, della peggior specie… Un covert bravissimo nella sua recita, perfetto nella sua falsità e nella sua perversa cattiveria. Sento dentro ancora un grande vuoto, nonostante sia in no contact da 2 mesi, mesi che mi sono sembrati un’eternità, così come mi sembra lontanissimo il tempo in cui vivevo felice la mia storia d’amore , la mia bellissima illusione. Sto attraversando le fasi che spero mi porteranno fuori da questo devastante dolore, la cosa che mi sconcerta é vedere come anche queste siano da manuale, così come mi ha reso incredula la scoperta della patologia e vedere che i comportamenti che prima erano inspiegabili hanno trovato n senso in un gioco mentale perverso, anche quello da manuale. Come tante altre sopravvissute provo il desiderio di condividere la mia esperienza e sentirmi meno sola. Ho letto questo articolo sulle metafore e vorrei condividere l’immagine che esprime la sensazione che ho provato nei momenti di maggiore sconforto e che mi porta a dire che le persone sono buone nonostante quello che ho subito e che a volte anche chi non é passato dal tuo stesso trauma riesce se non a comprendere tutto, a starti vicino e darti la forza di andare avanti.
    La metafora é questa: io,da sola, all’interno di un cerchio. Non ho la forza di stare in piedi, mi sento cadere, ma non lo faccio perché le persone mi si avvicinano talmente tanto, mi stringono tra loro che non ho spazio per cadere. Sono le persone che mi conoscono da sempre, i miei amici, i miei due figli, la mia preziosa famiglia ed anche le nuove amicizie che ho fatto nonostante mi fossi completamente persa. Io non credevo più in me stessa, loro hanno continuato a farlo. E mi hanno salvata. Mi sto recuperando piano piano. E vorrei dire grazie a tutti loro e anche ai blog come questo.

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