Cos’è la bellezza per un perverso: una teoria psicoanalitica

Titolo originale: El esteticismo en la perversión – Prof. Juan José Ipar

Fonte: http://www.psiquiatria.com/bibliopsiquis/assetstore/23/42/93/23429329310925894501320125273965363418

ATrad. Claudileia Lemes Dias

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Introduzione

Freud segnalava nei suoi ultimi lavori che il perverso s’ingegna per aggirare il destino comune della castrazione e che, pertanto, si vede costretto a dare il via a un vero tour de force per sfuggire all’inesorabile legge edipica. Il prezzo che paga è, come sappiamo, quello di una Ichspaltung (scissione dell’Io, n.d.T.) grazie alla quale egli rinnega e accetta simultaneamente la castrazione e la legge del padre. A questo proposito Freud osservava che il desiderio infantile per eccellenza, quello di crescere e diventare grande, era assente nei soggetti perversi.

Il desiderio di diventare grande o adulto può essere annientato da una madre seduttiva, una madre capace di generare nel bambino la convinzione (Überzeugung) di poter diventare il suo partner perfetto. La madre non lascia trasparire di modo ostentato che lo preferisce al padre –  colui che “detta la legge”, come dice Lacan – ma lascia intravedere la possibilità che il bambino occupi il posto paterno. Questa scelta materna impedisce al bambino di provare ammirazione per il padre, di trasformarlo nel suo modello di riferimento, come colui che conosce gli emblemi fallici, l’incarnazione vivente dell’Ideale dell’Io. La complicità tra madre e figlio acquista il carattere di un patto segreto che porta il soggetto perverso a crearsi la maschera di presunta normalità che gli permette di inserirsi nella società. Non riscontriamo, in questi casi, ciò che Lacan denominava “la pretesa di raggiungere la Cosa” materna propria degli individui psicotici, ideale che impossibilita letteralmente il loro adattamento al rapporto consensuale con gli altri. Per il perverso si tratta semplicemente di godersi suddetto patto segreto alle spalle dei ‘grandi’[1].

Freud rileva l’assenza del desiderio di diventare grande specialmente nel caso di  Leonardo[2] e aggiunge che in questa categoria di bambini persiste la voglia di giocare, ipotizzando un modo di sfuggire all’ineluttabile crescita e al conseguente abbandono della posizione infantile.

La nozione di arresto

Il bambino resta, quindi, convinto che è lui, con la sua sessualità infantile, il partner ideale della madre e che non ha nulla da invidiare al padre. Si produce un arresto/stop (Haltmachen, Zurückhalten) nella sua evoluzione libidica, il che lo impedisce di entrare nella fase di latenza. Con l’aiuto della madre, il perverso vive l’illusione che la pregenitalità sia superiore alla genitalità, di modo che il suo Ideale dell’Io resta attaccato a un modello pre-edipico fondato sulla continua e acerrima svalutazione del padre e degli attributi paterni. A tutto ciò aggiungiamo la teoria infantile del monismo fallico che ci parla della negazione delle differenze (tra le generazioni, di complementarità genitale, ecc.[3]). La festa sadiana è caratterizzata precisamente dal miscuglio: in lei si riuniscono indiscriminatamente religiosi e laici, nobili e plebei, giovani e vecchi, parenti stretti, animali, ecc.. Si provano elaborate rappresentazioni teatrali con il compito di infrangere la maggior quantità di tabù, leggi, precetti e pregiudizi possibili. Le differenze e le gerarchie, invece, sono l’effetto e l’espressione della legge, ecco perché l’essenza dell’atto perverso è la trasgressione o, più direttamente, il crimine.

Questo arresto nella pre-genitalità appartiene al processo di sublimazione, del quale si dice tradizionalmente che è proprio della creazione artistica, ed è sostituito dall’idealizzazione la quale, alla sua volta, corrisponde a un atteggiamento estetico verso gli oggetti. Nell’intera opera di Oscar Wilde, per menzionare soltanto un esempio, è presente questo modo dilettante di apprezzare la vita: l’ideale è dedicarsi pienamente all’arte, vivere circondato da oggetti belli ed esotici che concedano all’Io un riflesso lusinghiero della propria grandezza e superiorità. Ambienti con profusione di specchi che neghino la realtà, decorazioni  raffinate e artificiali che rafforzano il voluto allontanamento dalla Natura costituiscono lo scenario nel quale si muove l’esteta perverso. La Natura è vista come grossolana, ripetitiva, noiosa e inconclusa. L’arte, invece, è protesta e affermazione (Behauptung) del proprio Io nei confronti di ciò che è naturale e regolare[4].

Lo stile, sia letterario o pittorico, dovrà essere ricercato e riservato a pochi, così da essere compreso e apprezzato da pochi eletti nelle sue chiavi e misteri. Lo slogan di base è la fuga del prosaico. Il Lord Henry del Ritratto di Dorian Gray coltivava il progetto di rinominare le cose con nuovi nomi per sfuggire alla ripetizione estenuante dei vecchi nomi[5].

Freud diceva che il mondo antico glorificava la pulsione, riferendosi quasi certamente alla fallica, mentre nel mondo moderno si loda l’oggetto, stimato nella misura in cui esibisce determinate caratteristiche che giustifichino la sua alta considerazione. La tese di Jeanine Chasseguet-Smirgel è che il perverso glorifica la pulsione anale, grazie alla quale ricrea un mondo dorato[6]. In questo senso sfida, contraffà e plagia il mondo “ufficiale”, quello sottomesso alla legge del padre. Nelle 120 Giornate del marchese di Sade non manca la scena in cui i signori e gli schiavi si riuniscono in un banchetto fatto di escrementi che vengono esaltati nei discorsi pomposi come se si trattassero di pietanza incomparabilmente sublime. Dal punto di vista della scuola inglese, che favoriva quasi esclusivamente le vicissitudini immaginarie della mente perversa, il problema dell’idealizzazione consiste nella sua difesa a spada tratta, e la violenza che la caratterizza è il segno della sua pregenitalità. Ci accorgiamo di un cambio di registro con relazione a un oggetto inizialmente persecutorio, dopodiché presumiamo che sulla base del senso di persecuzione del soggetto perverso si nasconda il terrore che lo trafigge: che la temuta castrazione del suo immaginario un giorno si realizzi. Molte delle azioni perverse non sono altro che rappresentazioni deformi e dissimulate della castrazione, ora della madre, ora dello stesso soggetto. Una castrazione che può essere rappresentata, a volte, come una punizione agli eccessi del perverso o del libertino come nel Don Giovanni di Mozart, nel quale l’emergere inquietante del Commendatore[7] – tramutatosi nel convitato di pietra di Tirso – pone fine alla lunga serie di crimini del seduttore, giustamente mandato all’inferno. Nel Don Juan di Zorrilla, al contrario, c’è un finale felice perché Doña Inés, la vittima innamorata, si ritrova tra l’amante e il padre, al quale prega di perdonare il seduttore per sposarlo. Così come accade a Hollywood tutto finisce in morte o in matrimonio. L’aspetto sinistro del padre che ristabilisce l’ordine infranto da Don Juan è un’eccellente rappresentazione plastica della raccapricciante scena temuta ed evitata dal perverso, nonostante bisogna riconoscere che ogni perverso è in fondo un povero diavolo sprovvisto da chi lo castrasse.

Sappiamo, però,  che i padri dei soggetti perversi non solo hanno perso la precedenza nel desiderio della madre ma, anche laddove raggiungessero la notorietà e il successo sociale, all’interno del nucleo familiare resterebbero sempre ai margini come involontari e silenziosi complici della collusione materno-filiale. 

Torniamo al concetto di ‘arresto’. Non si tratta di puro freno, di una specie di stop dello sviluppo o dell’evoluzione libidinale poiché, simultaneamente all’arresto, abbiamo anche un retrocesso che ci appare ben descritto dalla parola tedesca Zurückhalten (il prefisso Zu-rück denota questo movimento all’indietro). Nel saggio Il Feticismo (1927), Freud rileva chiaramente di non essere un caso se alcuni dei feticci più comuni abbiano a che fare con l’intimo o le scarpe femminili. Questo perché lo sguardo del bimbo curioso segue un percorso che va dal basso verso l’alto, cioè, dai piedi fino ai genitali femminili. L’orribile impressione della mancanza di genitali maschili nella donna – che per il bambino significa la castrazione della donna – è una cicatrice indelebile che condividono tutti i membri del genere maschile. Tuttavia, nel soggetto feticista, lo sguardo arriva alla zona genitale femminile e, di fronte alla mancanza di un membro, retrocede allo stage immediatamente anteriore, restandone fissato[8]. Allo stesso modo, possiamo dire che tutti i perversi arrivano alla fase latente mutatis mutandis al secondo momento di Edipo nella versione lacaniana, nel quale il padre si presenta dando atto alla separazione madre-bambino. Siccome i padri non possono restare lì, i perversi retrocedono ipso facto alla fase precedente. L’intrigante enigma del secondo momento di Edipo resta la conoscenza di ciò che vuole il padre, ritenuto nella tragedia il proprietario esclusivo dell’allora ambito fallo, il che sposterebbe l’interesse del bambino dalla madre al padre. Soltanto che, come abbiamo segnalato, nel caso del perverso manca un amore per il padre che ponga fine all’immensa affezione provata per la madre. Se il feticismo è, come affermava Freud, una barriera contro l’omosessualità, essa sarebbe anche la barriera che il perverso erige nei confronti dello struggente desiderio materno in mancanza di un desiderio paterno che assuma la responsabilità di porre fine alla diade materno-filiale per riorientare il bambino verso i misteri del maschile.

Questo ‘arresto’ che sbarra l’ingresso alla fase di latenza, impedisce anche che avvenga nel bambino l’accettazione della promessa del godimento fallico “per quando sarà grande”. La diffidenza del bambino verso gli adulti spesso si trasforma in disprezzo e nel tratto tipico caratteriale dell’acutezza e dell’ironia. Un soggetto scettico, non legato a nessuna promessa, vede se stesso come un soggetto libero, un soggetto sollevato dal peso del destino.

L’IMPORTANZA DELLA BELLEZZA

L’estetica come incessante ricerca del bello è, diciamo sempre, un tratto molto caratteristico nei soggetti perversi e alcuni di loro hanno una considerevole dipendenza dagli esseri e dagli oggetti belli, i quali sembrano funzionare come una rassicurazione nei confronti dell’angoscia. Tuttavia, qui ci interessa una determinata angoscia: l’universale angoscia fronte al destino ineludibile che aspetta a tutti noi, ossia, la morte. L’angoscia verso la morte spesso si presenta dissimulata nel timore di invecchiare e, di conseguenza, perdere la freschezza, la galanteria e l’avvenenza della gioventù. Questo timore esagerato della morte e della decrepitudine sono accentuati in questi soggetti perché, come abbiamo visto in Don Juan Tenorio, i soggetti perversi – ammettiamo provvisoriamente che i libertini siano perversi- vivono nel continuo terrore di essere puniti con la morte per i loro crimini reali e immaginari, poiché la morte per loro sarebbe anche la realizzazione dell’altro destino che a tutti ci aspetta, quello della castrazione. In tutte le novelle di Sade osserviamo che il libertino crea il suo rifugio in un luogo recondito e inaccessibile per nascondersi dell’arrivo improvviso delle forze dell’ordine. In altra sede, abbiamo tracciato un piccolo schema nel quale classificavamo gli individui conforme si allontanavano e rinunciavano –  oppure no –  all’oggetto primario materno. Gli psicotici stanno, come afferma Lacan e come osserviamo nel nostro quotidiano, “al lato della madre”, perché sfruttati senza restrizioni dalle loro intrepide genitrici. Nei soggetti perversi riscontriamo, come abbiamo visto, l’arresto e il retrocesso per quanto riguarda la castrazione, mentre il libertino sembra aver sostituito la madre per la serie equivalente a  “tutte le donne” oppure a “tutti i piaceri”, il che segna una forte identificazione con un padre primordiale, perché possessore di uno sciame di donne. Il Grande Scopatore, L’Uno Incomparabile, Il Padrone, ecc. sono tutte raffigurazioni del ruolo che molti perversi immaginano di giocare e che contiene la radice del sentimento di superiorità e di sufficienza che usano per vantarsi. I soggetti nevrotici, alla loro volta, sarebbero coloro che, rinunciando all’insieme costituito da “tutte le donne”, si vedono costretti a essere mortificati da alcune poche.

Il bello per un perverso è, quindi, l’opposto del castrato e, per essere ancora più precisi, essendo il contrario del castrato, il bello è colui che meglio serve a mascherare o dissimulare, nato per produrre fascino. Non è un caso se la parola “fascino” proviene dal latino fascinum, membro virile. Quindi, in qualche modo, ciò che rapisce e incanta il perverso deve possedere un pene. Se è vero che possedere un pene rassicura il perverso contro la castrazione, la realtà ci dice che siamo tutti castrati, con o senza pene. Siamo ugualmente castrati, non importa quanto belli abbiamo la fortuna di nascere. Nemmeno il possesso di una bacchetta magica ci farebbe scappare dalla realtà della castrazione nella misura in cui seguiamo essendo soggetti desideranti. Soltanto nella psicosi accade qualcosa che va oltre il desiderio e la castrazione: perché non è stata attivata, essa non è entrata a far parte del corpo pulsionale, dunque al soggetto psicotico – se tale ossimoro è possibile – non resta, che diventare l’oggetto del godimento dell’Altro. Dire che esiste un soggetto indifferente al tema della castrazione, cioè, un soggetto non assoggettato a essa, va contro la nozione stessa della parola ‘soggetto’. Per quanto riguarda le formule della sessuazione[9] Lacan ci dimostra che, tuttavia, qualche rappresentazione di un ‘Uno’ che vada oltre alla castrazione è necessaria per far sì che l’insieme degli uomini rimanga collegato alla sua funzione sessuale, cioè, castrato. Il vocabolo “castrazione” è tecnicamente un nomen actionis (sostantivo dell’azione) al quale va corrisposto, logicamente, un nomen actoris che esegua l’azione menzionata, ossia, un ‘Uno’ non-castrato rimasto al di fuori della categoria dei castrati.

Al perverso piace presentarsi come un soggetto che ha avuto accesso al registro del desiderio e che è riuscito a raggiungere un livello tale di conoscenza delle cose della carne da credere di dover essere considerato l’invidiato modello dei suoi conoscenti nevrotici. Si presenta come il negativo o il rovescio del nevrotico, come colui che è tutto ciò che il nevrotico non lo è, colui che il nevrotico avrebbe voluto essere ma non può. E perché un nevrotico non potrebbe esserlo? Secondo la cantilena perversa per timore, per l’incapacità di affrontare ciò che deve affrontare e di superarlo per accedere a un piacere senza limiti, all’autentico godimento. Ma esiste un godimento perverso? Dobbiamo davvero credere a ciò che ci dicono quando affermano che è possibile raggiungere un godimento senza limiti né colpa, i due elementi che regolarmente rovinano i piaceri? In realtà, anche qui è necessario fare una deviazione: in ‘L’uomo dei topi’[10], resta chiaro che il padre terribile è colui che distrugge i piaceri, in questo caso visuali (guardare i corpi delle donne nude).  È verso lui che si orienta il celebre desiderio di morte (Todeswunsch), causa prossima dell’inesauribile colpa del soggetto. È possibile togliere di mezzo il padre una volta che è apparso, in qualche modo? Nonostante il perverso subisca ampiamente la manipolazione di una madre seduttiva, egli non resta solo con lei, come lo psicotico. Il padre è stato introdotto e quindi qualche posizione soggettiva deve avere per lui. Naturalmente il perverso immagina di averlo vinto e spodestato, depredandolo con successo dai suoi diritti.

Per quando riguarda i perversi, non c’è sottomissione (Hörigkeit, Zugehörigkeit) alla gerarchia paterna, così come accade con i nevrotici e, giacché non viene sottomesso a nessuno, resta privo del rancore e del timore tipici delle personalità ossessive, che Freud riteneva essere il loro tratto centrale, come nel caso dell’uomo dei topi[11]. Una combinazione simile può essere osservata nell’amore cortese: un uomo, non sottomesso a nessuno, girovaga esaltando qua e là il nome di una dama per la quale professa un amore puro, slegato totalmente dal desiderio sessuale. Così accade anche in Don Chisciotte, nonostante Amadigi goda abbondantemente dei piaceri concessi dalla sua signora.

Occupare il posto del padre, essere un semidio come Fausto e, perché no, un demiurgo[12]? Meglio ancora se un ribelle contestatario che crea un mondo nuovo dal nulla, un mondo opposto a quello “ufficiale” in cui vige un’estetica dark che diventa regola.

La festa perversa si trasforma, tante volte, in una specie di messa nera nella quale sfilano ovunque diavolesse impudiche e ammiccanti, tra demoni lussuriosi che macchiano la purezza fallica degli attributi paterni.

Il vero miracolo del perverso non è altro che, come dice C. Millot, erotizzare la pulsione di morte ed evocare la sessualità per trasformare il dolore in piacere e l’orrore in bellezza[13].

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[1] Il che impossibilita ai soggetti perversi di vivere senza mettere in atto una doppia vita.
[2] Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci (1910) in Psicoanalisi dell’arte e della letteratura, G.T.E. Newton Compton, Roma, 1993
[3] Ecco perché, a mano a mano che invecchiano, i soggetti narcisisti perversi tendono a interessarsi esclusivamente di persone molto più giovani. Dopodiché possono anche interessarsi di coltivare rapporti sessuali con persone dello stesso sesso  senza necessariamente essere omosessuali, ma unicamente per sperimentare nuove sensazioni.
[4] Sottolineo che non c’è alcun tipo di naturalezza nelle movenze dei narcisisti perversi. Tutto è rappresentazione e scenario per loro. Nei partner cercano l’assoluta perfezione delle fotografie ritoccate con il Photoshop. Risultato: nessun essere umano sarà mai all’altezza del loro ideale di perfezione.
[5] La noia provata dal Lord Henry di Wilde è una caratteristica comune a tutti i soggetti narcisisti patologici: nulla suscita loro interesse al di fuori della corsa per il soddisfacimento dei personali bisogni.
[6] Per ulteriori info sul carattere fallico-narcisistico, anale e orale vide “Il narcisismo” di Antonio Alberto Semi, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana, saggio pubblicato da Il Mulino nel 2007.
[7] Signore di Siviglia e padre di Donna Anna; sarà ucciso da Don Giovanni all’inizio dell’opera, ma poi tornerà sotto forma di statua per punirlo.
[8] Si tratta di un aspetto molto interessante del saggio del prof. Ipar che potrebbe spiegare perché molti soggetti narcisisti perversi si sentono attratti da transessuali come ho potuto costatare dalle mie ricerche. Per questi individui le donne sarebbero un ‘sesso menomato’ e quindi incapace di soddisfarli alla pari di una trans. Vide https://artedisalvarsi.wordpress.com/2015/09/04/le-macchine-della-verita-appunti-sul-trionfo-narcisistico-nellambito-della-prostituzione-trans/
[9]  “La sessuazione preserva l’elemento della differenza sessuale come lo pensa l’essenzialismo (esiste una differenza, per riprendere le parole di Lacan, tra il fare l’uomo e il fare a donna), ma questa differenza non è iscritta nella natura dell’anatomia, né nell’ontologia, perché si produce nel processo stesso della sessuazione, cioè nella scelta soggettiva del sesso.
Ecco il punto sul quale Lacan e la psicoanalisi insistono: l’identità sessuale implica sempre una scelta del soggetto. Non possiamo far corrispondere la sessuazione femminile al corpo di una donna, né quella maschile al corpo di un uomo.” Vide http://www.psychiatryonline.it/node/3449
[10] https://www.ibs.it/freud-uomo-dei-topi-libro-vari/e/9788839208453
[11] 5º Congreso Virtual de Psiquiatría. Interpsiquis Febrero 2004.
[12] È colui che contemplando le idee plasma la materia sul modello delle idee stesse.
[13] Vide MILLOT, Catherine. Gide Genet Mishima. Edizioni Kami,2003.

7 pensieri su “Cos’è la bellezza per un perverso: una teoria psicoanalitica

  1. Come hai scritto alla fine dell’articolo: Occupare il posto del padre, essere un semidio come Fausto e, perché no, un demiurgo[12]? Meglio ancora se un ribelle contestatario che crea un mondo nuovo dal nulla, un mondo opposto a quello “ufficiale” in cui vige un’estetica dark che diventa regola.
    Giocano a fare gli antieroi, a distruggere il senso delle cose mascherandosi da filosofi, e nascondendo così il loro vuoto.

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    1. Certamente. Perché l’amore totalizzante implica la totale dipendenza dell’oggetto amato, senza il quale ci si sente nessuno. Quindi, la persona che amiamo, in questo caso il genitore, deve essere sempre a nostra disposizione altrimenti ci sentiamo meno amati e quindi lo odiamo sempre che si allontana. Considera che il rapporto madre-figli è naturalmente intriso di amore e odio. La mamma prima ci ‘caccia via’ dalla sua pancia, poi ci toglie il seno, deprivandoci del nutrimento. Sono passi necessari e vitali per ogni essere umano: se restiamo troppo nella pancia moriamo, se ci nutriamo soltanto del latte di nostra madre la depriviamo dal suo essere donna e la ‘sfiniamo’ fisicamente. Una buona madre riesce a rendere il processo di indipendenza e di autonomia del figlio meno traumatizzante di quanto descritto perché la libertà del figlio (la sana libertà!) è sinonimo di un’ottima educazione e del suo stesso amore verso la vita: un amore talmente forte che implica la rinuncia di tenere per sé la sua creatura per donarla al mondo. Una madre disfunzionale, invece, ‘castra’ il figlio sin dalla nascita, sopratutto se maschio. Infatti, come descritto nell’articolo, il padre viene estromesso totalmente da questo rapporto che, alla lunga, diventa simbiotico. In questo caso tanto l’amore, quanto l’odio raggiungono vette anormali. Spero di averti risposto sulla base della mia esperienza/letture sull’argomento. Sicuramente una persona con formazione in psicologia potrà risponderti tecnicamente un po’ meglio. Spero comunque di averti aiutata!

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      1. Il narcisista che ho conosciuto io mangiava solo ed esclusivamente ciò che gli cucinava sua madre( pochissimo), pur vivendo solo, e,nonostante fosse magrissimo ,quando la madre gli diceva che aveva buttato su pancia ( ma dove?)lui si metteva ulteriormente a dieta …sembrava la madre volesse farlo morire di fame . E lui pareva crederci di essere ingrassato ,tanto che quando la madre gli diceva che aveva messo su pancia lui usava solo vestiti larghi perché non si vedesse ed evitava di far vedere la pancia a me… Ma la taglia dei pantaloni non era aumentata ,il peso neanche …

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  2. Well, well, well… L’uomo attratto dalla trans e che ci va regolarmente è colui che non si accontenta dei giochetti che può proporre alla sua signora o vice versa. Infatti, molti studiosi del fenomeno collegano il narcisismo perverso a questo tipo di scelta o ‘fissa’ proprio per la serialità e ossessione nella ricerca di transessuali sempre diverse e molto dotate. Il membro maschile (vero) è il loro feticcio e quindi un fallo di gomma farebbe soltanto ridere. Non si ritengono omosessuali perché le altre caratteristiche del maschile non gli interessano e dalle trans vogliono soltanto il pene. Ci credevo anch’io che era l’effetto ‘sorpresa!’ la cosa che interessava e incantava. Tuttavia, intervistando loro e alcuni clienti ho capito che le pratiche più richieste non avevano a che fare con la penetrazione del cliente ma piuttosto con il concedere piacere alla trans per sentirsi capace di proporzionare piacere a qualcuno (quindi, l’orgasmo imbottito di viagra/ cialis della trans è il massimo per questi soggetti!). Si ritengono collezionisti di falli veri… Il punto è: se i pregiudizi fossero minori, sarebbero uomini che porterebbero allegramente le loro trans dovunque, perché provano adorazione per loro e disprezzo per le donne? Assolutamente no, perché a quel punto l’aspetto trasgressivo della cosa sparirebbe. Siccome il coraggio manca la donna ‘serve’ per coprire la loro ‘particolarità’. L’omosessualità oggi è più accettabile di altri tempi, nonostante il retaggio culturale enorme anche in Brasile c’è la tendenza molto positiva di uscire dall’armadio, di non vergognarsi più per ciò che è naturale e sempre esistito. Direi che c’è un po’ di confusione a riguardo, ecco perché secondo me l’articolo non fa una piega! 😦

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  3. L’articolo, molto tecnico, è molto complesso ma la riflessione sulla bellezza mi ha molto colpito. La passione per l’antiquariato del soggetto da me conosciuto era motivo ulteriore di stima e di ammirazione in un mondo caratterizzato da poca bellezza, molta trascuratezza e volgarità di cose e persone. Ma la chiave di lettura che da’ l’articolo aiuta a vedere il tutto da un punto di vista inimmaginabile prima di conoscere l’esistenza del narcisismo perverso. Quanto ai discorsi su trans,omosessualità ecc mi risulta tutto troppo estraneo alla mia formazione, alla mia esperienza e stento , ammetto, a capire la faccenda. In fondo, però sono contenta che tutto ciò mi sia così estraneo! Almeno questo!

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